La Nuova Sardegna

Speciale Sardinia Music Hub

Barbara Vargiu: «Dietro ogni concerto ci sono storie e persone»

di Paolo Ardovino
Barbara Vargiu: «Dietro ogni concerto ci sono storie e persone»

La direttrice artistica dell’evento: «Un’opportunità per imparare i mestieri della musica»

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A guidare il timone del Sardinia music hub c’è Barbara Vargiu. Come direttrice artistica, ha messo su un calendario che unisce nomi lontani dalla ribalta ma importantissimi nel circuito della musica dal vivo, figure tecniche, punti d’unione tra organizzazione e proposta artistica. Con le Ragazze Terribili da oltre trent’anni porta spettacoli nell’isola. Sono reduci dal festival “Ababbula”, che quest’estate ha portato a Sassari, Alghero e Sennori nomi come Brunori Sas, Lucio Corsi, Fantastic Negrito, ma anche dal festival “Fino a leggermi matto” tra letteratura e musica. Il 17 novembre arriverà a Sassari Caparezza.

Innanzitutto, perché è importante conoscere il dietro le quinte dei grandi eventi a cui assistiamo?
«Perché è come se bevessi un vino senza metterti il problema di come sia diventato ciò che vedi nella bottiglia. Dietro un'emozione forte che passa da un concerto c'è una storia, spesso lunga, e un'esperienza. Raccontare cosa c'è dietro è fondamentale, denota il percorso fatto di lavoro, impegno e passione che c'è per quel punto d'arrivo. L'evento, in buona parte, è una restituzione al territorio, questo bisogna saperlo. Altrimenti parleremmo di prodotti calati dall'alto».

Sull’esperienza pluridecennale con le Terribili, mi spiega quando si comincia a lavorare per un evento?
«Il meccanismo è come quello dell'economia circolare, quando termina un'esperienza ne comincia un'altra e ognuna è utile alla prossima. Ogni lezione e ogni contatto, anche se sembra non possa essere utile, va messo in scatola perché può rivelarsi utile più avanti. Sì, è un percorso circolare incentrato sull'attivazione continua di nuove idee».

Mi sembra di capire che nel settore servono sempre più figure specializzate, ma che qui nell'isola non c’è esattamente la fila. È così?
«È come se ci fosse un mismatch tra domanda e offerta, e questo accomuna tutto il mondo cooperativistico, che poi è quello in cui rientriamo come Ragazze terribili».

Perché?
«Be’ sicuramente la pandemia ha inciso, ha generato un flusso in uscita di figure professionali che, trovandosi davanti a scenari drammatici, hanno pensato di mollare gli investimenti in questo settore. Magari per cercare il posto fisso, per citare il caro Checco Zalone».

Quindi come fare?
«Anche in risposta a questo nasce il Sardinia music hub. Penso anche al workshop per trovare un accordatore di piano, che per esempio è una figura che nel territorio manca. L'hub vuole essere uno strumento in ascolto dell'isola e di orientamento per gli studenti che si vogliono inserire nella catena di montaggio della musica dal vivo. Possono capire cosa significa essere tecnico del suono, promoter, tour manager, social media manager. E poi l'idea è generare contenuti volti a potenziare la formazione di chi è già operatore in questo ambito».

Parlava di tour manager: dietro a ogni tappa di un artista si nasconde un lavoro di coordinamento incredibile.
«Sì, ce lo spiegherà Fenia Galtieri. Ha un’esperienza ultradecennale sul campo, lavora con Marracash, Max Pezzali, è un personaggio di peso, e poi è una donna: per noi è importante raccontare alle nuove generazioni questi nuovi lavori, per far capire che nel mondo del lavoro non deve proprio esistere la questione di genere».

Cosa fa un tour manager?
«Arriva nella location e deve risolvere ogni problema, facile (ride)».

Barbara Vargiu, parlava di eventi come restituzione al territorio, ma quando mette in piedi un programma come fa a riflettersi sulla città?
«Chi organizza ha a che fare con il pubblico, per cui deve avere rispetto e attenzione. Noi per esempio riceviamo molte mail e messaggi, persone che ci chiedono di portare questo o quell'artista e a volte è proprio così che ci aprono delle strade da percorrere».

All'interno dell'hub si parlerà del tema dei festival diffusi. In Sardegna hanno questa impostazione praticamente tutte le principali rassegne musicali, come mai?
«La formula diffusa ha un valore di verticalizzazione importante, permette cioè di penetrare nei territori. Ha un significato economico ma anche di pubblico, perché in questo modo è possibile portare degli eventi in location particolarmente suggestive. Abbiamo un patrimonio paesaggistico, storico, archeologico, pazzesco dal nord al sud della Sardegna. Quindi a volte ha davvero senso optare per più di un luogo e permettere così di riscoprirli».

Anche le grandi manifestazioni soffrono la stagionalità? Ricchi programmi in estate, pochi appuntamenti il resto dell'anno.
«La verità è che un fattore importante resta il meteo, perché è poco possibile pianificare al chiuso. Non siamo un territorio con grandi strutture. Tra le città, Sassariha il più alto rapporto tra strutture al coperto e abitanti. Può contare sul teatro comunale, il teatro Verdi, l'Astra, il Palazzo di città, il conservatorio, l'Ex-Ma.ter. Ma mancano ovunque degli spazi all’aperto e al chiuso dove poter fare live importanti, speriamo li allestiscano».

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