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Dal Senegal ad Alghero per riavere l’uso delle mani

Ibrahim Bamba nel reparto di ortopedia del Marino di Alghero
Ibrahim Bamba nel reparto di ortopedia del Marino di Alghero

Un ingegnere informatico di Abidjan è stato sottoposto a un intervento chirurgico nel reparto di ortopedia dell'ospedale Marino

28 ottobre 2015
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ALGHERO. È arrivato in Sardegna da poco, in compagnia dei tanti disperati che hanno attraversato il mare per sfuggire a una guerra o in cerca di una vita migliore. Ibrahim Bamba ha 41 anni, è un ingegnere informatico che ad Abidjan lavorava per la Siemens. Ma soffre di una patologia ereditaria la “sindattilia”, dita delle mani e dei piedi unite, come sua madre e come una delle sue cinque figlie.

Un disturbo che in Occidente viene affrontato e risolto nei primi anni di vita ma che in paesi come il Senegal rischia di diventare una patologia inabilitante. Non è stato il caso di Ibrahim Bamba, sia ben chiaro, che quasi certamente ha potuto contare su una rete solidale che lo ha aiutato, soprattutto nei primi anni di vita, a superare gli ostacoli della vita quotidiana.

Un problema che adesso, però, è in via di soluzione. Il primario del reparto di Ortopedia dell’ospedale marino di Alghero, Giovanni Lubrano, ha infatti iniziato a separare le dita delle mani di Ibrahim Bamba. «Va subito detto che non si tratta di un caso di “dita palmate” –spiega – e questo vuole dire che la separazione delle dita deve avvenire per gradi».

Con una tecnica chirurgica specifica, che prevede un’incisione della pelle particolare e con inserzioni di tessuto che vengono prelevati o dall’avambraccio o dall’inguine. Come sottolinea in dottor Lubrano non si tratta di un intervento “a cuore aperto” ma che richiede comunque una grande attenzione soprattutto per non pregiudicare il completo recupero funzionale delle mani. Interventi di questo genere, al Marino, sono già stati effettuati con successo, ma c’è anche un altro aspetto che va considerato e al quale il medico algherese con la sua equipe tiene molto. E cioè il fatto che all’ospedale Marino si aiutano tutti, immigrati e non, italiani o stranieri.

«Si deve sapere che qui si curano tutti, non c’è differenza di nazionalità o provenienza – ribadisce Giovanni Lubrano –, cerchiamo di aiutare tutti e come sa Cheick (Cheick Diankha è il referente della comunità senegalese di Sassari, ndc) non ci sono preclusioni di sorta. E si deve anche sapere che questa struttura ospedaliera funziona e continuerà a funzionare, almeno fino a quando ce lo permetteranno».

Un chiaro esempio di accoglienza (e non semplice tolleranza) nei confronti di chi arriva in Italia in cerca di una vita comunque migliore. Una scelta che invita a non aver paura, a non demonizzare lo straniero. Che, come Ibrahim Bamba, potrà sperare in un’esistenza normale, anche se per la guarigione completa ci vorranno sei mesi. E nel frattempo il reparto di ortopedia dell’ospedale Marino di Alghero resterà “accogliente” per tutti quelli che ne avranno bosogno. (p.s.)

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