La Nuova Sardegna

Alghero

«Aiutò 3 detenuti a fuggire» docente davanti al giudice

di Nadia Cossu
«Aiutò 3 detenuti a fuggire» docente davanti al giudice

Sette imputati di corruzione, tra loro l’insegnante di un corso di Cucina in carcere Sentiti gli agenti della polizia penitenziaria ora è il momento delle intercettazioni

10 maggio 2018
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ALGHERO. Il 14 gennaio 2013 tre albanesi, di 30, di 26 e di 47 anni, alle cinque del mattino erano stati sorpresi dalla polizia penitenziaria mentre tentavano di evadere dall’istituto penitenziario di Alghero. Erano stati bloccati sulle mura di cinta della struttura carceraria mentre si preparavano a scendere aiutandosi con una corda di fortuna. Dopo questo tentativo di fuga gli inquirenti, con il coordinamento dell’allora sostituto procuratore Elisa Loris, avevano avviato le indagini che avevano portato a un clamoroso arresto: quello di Giovanni Pirisi, algherese di 47 anni, docente del corso di Cucina che l’istituto Alberghiero teneva da diversi anni all’interno del penitenziario cittadino. I detenuti erano riusciti a forzare le sbarre di sicurezza della cella avvalendosi di arnesi da scasso e di acidi e secondo l’accusa sarebbe stato proprio l’insegnante a fornire loro quegli strumenti, insieme a un telefono cellulare, in cambio di soldi (circa mille euro).

A distanza di cinque anni dai fatti nel palazzo di giustizia di Sassari si sta celebrando il processo per corruzione che vede imputati Pirisi, i tre detenuti che cercarono di evadere e tre loro complici esterni (familiari e amici), tutti stranieri. Finora sono stati sentiti i testi del pubblico ministero tra cui gli agenti della polizia penitenziaria che hanno ricostruito le modalità dell’evasione. Nell’udienza di due giorni fa è stato invece citato il perito incaricato di trascrivere le intercettazioni ma il processo è stato rinviato.

Pirisi, assistito dall’avvocato Elias Vacca, si è sempre difeso da tutte le accuse e ha negato di aver mai ricevuto soldi da qualcuno. Ha sì confermato di aver avuto contatti con la sorella di uno dei detenuti ma, così aveva raccontato il docente, solo perché lei avrebbe voluto che il fratello venisse ammesso al livello di studio superiore in modo da poter ottenere dei permessi. Richiesta che non sarebbe stata accolta dall’insegnante. E sarebbe stata proprio la donna a fare il nome di Pirisi durante le indagini. Per la difesa si trattò di una vera e propria vendetta.

Per la Procura, invece, l’insegnante, sfruttando la propria posizione, dietro compenso fece entrare in carcere gli strumenti necessari per realizzare l’evasione. Da qui la contestazione della corruzione «per atti contrari ai doveri d’ufficio».



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