La Nuova Sardegna

Alghero

Femminicidio ad Alghero: la città non dimenticherà Michela

Gian Mario Sias
Femminicidio ad Alghero: la città non dimenticherà Michela

Rete delle Donne soddisfatta poiché la condanna dell’assassino «è un messaggio per tutte noi, perché non siamo più sole»

27 ottobre 2019
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ALGHERO. Nessun raptus. Nessuna follia. Nessun eccesso d’amore. Nessun impeto di gelosia. Nessuna passione. Quello di Michela Fiori fu un assassinio che non ha alcuna giustificazione e non può averne. È figlia solo di retaggi culturali che uccidono ma non muoiono. Non un valido motivo per ammazzare.

Alghero, che ha vissuto con grande coinvolgimento, rabbia e indignazione quel delitto consumato all’antivigilia di Natale dell’anno scorso, si era ribellata subito. Tutta la città era scesa per strada. Gli algheresi avevano abbandonato le tavole natalizie, imbandite di cibo, sorrisi e spensieratezza, e si era vestita a lutto per partecipare a quella morte profondamente ingiusta, violenta e ingiustificabile. Dopo dieci mesi Marcello Tilloca, l’uxoricida, l’assassino reo confesso, ha la sua condanna. È colpevole, senza nessuna attenuante. L’ha stabilito il tribunale, che gli ha inflitto trent’anni di reclusione e una provvisionale di 100mila euro ciascuno per la madre, il fratello e la nonna di Michela, strangolata la mattina del 23 dicembre nell’appartamento di via Vittorio Veneto in cui sino a pochi mesi prima lei e il suo assassino vivevano insieme ai due figli, costretti a cancellare altrove un dolore atroce, una tragedia paragonabile a nulla. Il giorno dopo la sentenza, ad Alghero l’indignazione, la rabbia e la voglia di lottare per tutte le “Michela” che non hanno il coraggio di denunciare, di chiedere aiuto e di fermare i propri aguzzini sono le stesse. Se l’attenzione sulla vicenda non è mai calata, è merito soprattutto della Rete delle donne Alghero, cui fanno capo numerose associazioni cittadine.

Cortei, sit in, incontri, sino alla costituzione di parte civile. «In precedenza ci sono state sentenze, per esempio a Bologna e a Genova, che hanno tolto dignità alle donne», riflette Speranza Piredda, presidente della Rete. «Siamo soddisfatte, sicuramente è una pena esemplare rispetto a quelle», aggiunge. «Riteniamo che sia stato importante essere presenti come parte civile – aggiunge – come è significativo sul piano simbolico il riconoscimento del danno subito come donne, sancito dalla condanna di Tilloca al risarcimento e al pagamento delle spese processuali». Quella scelta di essere con Michela e i suoi parenti anche davanti al gup che ha emesso sentenza di condanna ha anche un altro significato. «Era la prima volta in Sardegna – prosegue la presidente – è un messaggio a tutte le donne, perché non si sentano più sole». Speranza Piredda non manca di sottolineare il ruolo di altre associazioni, «come “Coordinamento3 – Donne di Sardegna”, “Noi Donne 2005”, “Prospettiva Donna”», ma anche di «quelle donne e quegli uomini che hanno preso parte al sit in fuori dal tribunale».

Proprio come quel 25 dicembre 2018, giorno di Natale, quando a meno di 48 ore dalla scoperta del delitto tutti sfilarono sin sotto casa di Michela. «Rimane comunque l’amarezza e il dolore per la perdita di una donna, di una madre barbaramente uccisa dal marito – conclude la presidente – e il pensiero non può non andare ai bambini, che hanno perso entrambi i genitori».
 

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