La Nuova Sardegna

Alghero

Donna ingannata da falso agente segreto

di Nadia Cossu
Donna ingannata da falso agente segreto

«Vado in missione» e si fa dare 53mila euro. Poliziotto penitenziario accusato di truffa, falso e sostituzione di persona

25 gennaio 2020
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ALGHERO. Di certo si era innamorata di quell’uomo follemente, a tal punto da credere a ogni sua bugia. E così, quando lui le raccontava di aver bisogno di soldi per anticipare le spese di missione in Italia e all’estero lei, puntualmente, glieli dava. Era un agente di polizia penitenziaria in servizio nella casa di reclusione di Alghero ma si era spacciato come un agente sotto copertura, appartenente al reparto Nic della polizia penitenziaria, ossia quel settore che si occupa di indagini in materia di criminalità organizzata e terrorismo internazionale. Funzioni importanti, incarichi che non poteva rivelare. E così lei sborsava: 5mila, 10mila, 30mila euro. È arrivata a un totale di 53.600 euro. Per poi scoprire che era tutto un bluff. Che era caduta in una micidiale trappola tesa da chi era perfettamente consapevole di quali debolezze possano insinuarsi nell’animo di una donna innamorata.

Ora quell’uomo – Massimo Zirattu – è finito a processo con le accuse di truffa aggravata, falsità materiale e sostituzione di persona. Gli ultimi due reati gli sono stati contestati perché, per poter ingannare la sua vittima – che si è costituita parte civile – e fare in modo che lei continuasse ad “approvvigionarlo”, aveva escogitato una strategia diabolica. Le aveva cioè consegnato una falsa comunicazione di chiusura istruttoria – che all’apparenza proveniva da un colonnello in servizio alla guardia di finanza di Nuoro – dove si attestava la conclusione di una pratica di sanatoria fiscale dell’imputato e l’imminente disponibilità a suo favore di un’ingente somma di denaro. Ovviamente era tutto falso, come ha spiegato il colonnello in persona sentito dal pubblico ministero nella prima udienza del processo che si è aperto davanti al giudice Elena Meloni. Il comandante non solo ha spiegato che «un documento del genere non viene stilato dalla guardia di finanza» ma ha anche evidenziato una serie di errori commessi nell’impostazione stessa della lettera.

L’altro reato invece – ossia la sostituzione di persona – si sarebbe verificato nel momento in cui l’agente di polizia penitenziaria avrebbe inviato alla donna varie mail che, sempre apparentemente, provenivano da un dipendente dell’Agenzia di Nuoro di un importante istituto di credito. In queste mail veniva comunicata alla signora in questione la disposizione in suo favore di bonifici bancari da parte dell’imputato. Un escamotage che, secondo l’accusa, l’uomo aveva architettato per tranquillizzare la vittima. Come a dire: ti sto restituendo i soldi che mi hai prestato.

Ma anche questo sotterfugio è stato smascherato in aula dal dipendente della banca di cui l’imputato riportava la firma nelle mail. «Quella corrispondenza non può essere attribuita alla mia persona nella maniera più assoluta» ha spiegato il testimone. Che ha anche aggiunto come non sia «uso, sia per rispetto della normativa interna nostra e in genere per il buonsenso, comunicare a chicchessia dati di terzi inerenti i nostri clienti. Non lo prevedono le normative, non lo consentono e non è assolutamente ammesso». Tra l’altro, l’indirizzo di partenza delle mail non era nemmeno conforme a quello utilizzato dalla banca.

Il processo ora andrà avanti con l’audizione di altri testimoni dell’accusa.

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