La Nuova Sardegna

Alghero

«Così fermai quel detenuto in fuga»

«Così fermai quel detenuto in fuga»

Tentata evasione, in aula sentiti 2 poliziotti. Tra gli imputati un docente algherese

14 febbraio 2020
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ALGHERO. Hanno raccontato ai giudici come intervennero quella mattina di gennaio di sette anni fa per sventare un tentativo di evasione nel carcere di Alghero. I testimoni sono due ispettori del commissariato citati nel processo che si sta celebrando davanti al collegio presieduto da Salvatore Marinaro (a latere Valentina Nuvoli e Giuseppe Grotteria) per una tentata evasione dal carcere di Alghero avvenuta a gennaio del 2013. A processo, insieme a tre detenuti e tre loro familiari (tutti stranieri, difesi dagli avvocati Antonio Meloni, Roberto Delogu, Teresa Camoglio e Herika Dessì), c’è anche Giovanni Pirisi, un docente di 48 anni che insegnava nel corso di cucina organizzato dalla scuola alberghiera all’interno dello stesso istituto di pena. Secondo la Procura sarebbe stato lui a fornire alcuni strumenti per organizzare la fuga (arnesi da scasso e un telefono cellulare), in cambio di mille euro. Da qui la contestazione del reato di corruzione.

Uno dei detenuti era stato fermato proprio dall’ispettore del commissariato di Alghero che ha raccontato in aula di essere intervenuto alle 5 del mattino e di aver visto una persona che provava a scavalcare il muro. Lo aveva quindi immobilizzato insieme alla polizia penitenziaria e riportato in cella. Mentre il suo collega sentito come secondo teste era stato incaricato per l’ascolto delle intercettazioni.

Pirisi, assistito dall’avvocato Elias Vacca, ha negato di aver mai ricevuto soldi da qualcuno. Ha sì confermato di aver avuto contatti con la sorella di uno dei detenuti ma solo perché lei avrebbe voluto che il fratello venisse ammesso al livello di studio superiore per poter ottenere dei permessi. Richiesta che lui non avrebbe accolto. E sarebbe stata proprio la donna a fare il nome di Pirisi durante le indagini. Per la difesa si trattò di una vendetta. Per la Procura, invece, l’insegnante, sfruttando la propria posizione, dietro compenso fece entrare in carcere gli strumenti necessari per realizzare l’evasione. Il processo è stato aggiornato a giugno. (na.co.)

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