La Nuova Sardegna

Nuoro

Cinque fucilate contro il calzificio Queen

di Tito Giuseppe Tola
Cinque fucilate contro il calzificio Queen

Un proiettile è penetrato nel soggiorno della foresteria dove vive, insieme alla famiglia, il guardiano dello stabilimento

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BORORE. Quattro o cinque fucilate esplose in rapida successione contro le finestre della foresteria del calzificio Queen ne hanno sfondato due e hanno perforato i vetri delle altre. Un proiettile è penetrato nella stanza che dovrebbe essere il soggiorno dell’appartamento dove vive con la famiglia Sergio Canu, 47 anni di Macomer, ex operaio e ora guardiano dello stabilimento messo in liquidazione dopo il fallimento della Queen, la società di Castelgoffredo in provincia di Mantova alla quale faceva capo la fabbrica di calze e collant avviata nella seconda metà degli anni Novanta nella zona industriale di Tossilo nella parte che ricade in territorio di Borore. Tanta la paura, ma nessuno si è fatto male. Canu era sdraiato sul divano del soggiorno quando una pioggia di piombo si è abbattuta contro la facciata della fabbrica e sulle finestre. Un proiettile lo ha quasi sfiorato. Gli è passato ad appena venti centimetri ed è andato a conficcarsi nella parete opposta. L’uomo vive nella foresteria della ex fabbrica di calze assieme alla moglie e a due figli. In quel momento erano in casa in tre.

Uno dei figli era fuori per lavoro. Appena una settimana prima degli sconosciuti erano penetrati nel cortile dello stabilimento, dove avevano cosparso di liquido infiammabile e dato fuoco a tre autovetture della famiglia. L’abbaiare dei cani aveva dato l’allarme. Sergio Canu era intervenuto subito con degli estintori per spegnere l’incendio che stava per ridurre le tre macchine a un ammasso di lamiere annerite.

Quell’inquietante episodio accaduto nella notte di domenica 20 settembre era solo un’avvisaglia. Attorno alle 23 di domenica, il guardiano dello stabilimento ha sentito gli spari esplosi dall’esterno della recinzione che si affaccia verso la corsia Sassari-Cagliari della 131 e ha visto i vetri delle finestre andare in frantumi. La rosa dei proiettili ha investito la facciata ovest dell’edificio conficcandosi in gran parte nell’intonaco mentre una parte ha perforato i vetri delle finestre sfondandone due. Canu ha dato l’allarme telefonando ai carabinieri, che sono subito intervenuti sul posto con le pattuglie in servizio nella zona, ma degli attentatori non c’era più traccia. Si occupano delle indagini i carabinieri della stazione di Borore al comando del maresciallo Mirko Galliano e militari del nucleo operativo radiomobile della compagnia di Macomer comandati dal tenente Gabriele Tronca. Indagini difficili anche perché, oltre a questi due episodi, l’attentato di domenica e quello incendiario della domenica precedente, Sergio Canu e la sua famiglia non avrebbero mai ricevuto intimidazioni o minacce. La dinamica dei fatti è chiara. Chi ha sparato ha raggiunto la recinzione esterna dello stabilimento dal lato che si affaccia verso la ss 131. Mentre il cortile della fabbrica è illuminato, il tratto sterrato che separa la strada dalle sbarre della recinzione è completamente al buio. Le fucilate sono state esplose da una quarantina di metri dal bersaglio. Chiarissimo l’intento: intimidire. Oscuro il movente. È poco probabile che bersaglio degli attentatori fosse l’azienda, fallita da alcuni anni e ora in liquidazione. Visto anche il precedente episodio, è invece possibile che si tratti di un messaggio per il custode.

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