Schianto mortale, è battaglia tra i periti
Le parti si confrontano in aula sulla dinamica dell’incidente. Chi chiama in causa il guard rail malandato, chi la velocità
NUORO. C’è chi scarica tutte le colpe sul guard rail arrugginito e così malandato «che non avrebbe retto neppure un impatto ben più lieve», chi sulla “velocità di crociera” dell’auto, che viaggiava probabilmente intorno ai 110 km orari in una strada dove il limite era sicuramente di molto inferiore. C’è chi chiama in causa un animale, che secondo diversi testimoni avrebbe attraversato la strada all’improvviso facendo sbandare l’auto, e chi spiega che in base ad alcuni accertamenti fatti alla Lancia, chi viaggiava sul sedile posteriore della Ypsilon, quel terribile 19 aprile di due anni fa, la cintura di sicurezza la indossava eccome. Come il povero Roberto Muggittu, che proprio quel giorno maledetto compiva 19 anni e non sapeva che stava andando incontro alla morte.
È stata un’udienza densa di analisi, accertamenti tecnici, e scontro tra il perito e i consulenti di parte, quella che si è tenuta ieri in tribunale a Nuoro, al processo per l’incidente nel quale perse la vita il giovane Roberto Muggittu, avvenuto il 19 aprile del 2013 sulla statale 131 dcn, all’altezza del bivio per Oniferi ma nel territorio comunale di Orani. Muggittu, seduto sul sedile posteriore, viaggiava, insieme ad altri tre amici, sulla Lancia Ypsilon guidata da Davide Cardenia che poi è finito a giudizio con l’accusa di omicidio colposo.
L’udienza di ieri mattina, dunque, è stata interamente dedicata all’esame dei diversi consulenti di parte. A cominciare da Valerio Zironi, ingegnere ed esperto incaricato dai genitori di Muggittu, come parte civile, di chiarire con esattezza la dinamica dell’incidente e le cause. Il professionista, rispondendo alle domande degli avvocati che tutelano i Muggittu, Francesco Tazzari e Mauro Intagliata, ha spiegato al giudice e ai presenti che non condivideva del tutto gli esiti delle analisi fatte dal consulente del pm, Paolo Marcialis.
«Li condivido in gran parte – ha precisato – fatta eccezione per la questione delle cinture di sicurezza, e della posteriore destra, che era la posizione che occupava il povero Muggittu. Marcialis ha detto che siccome “la cintura era bloccata nell’operazione di riporto, allora non era indossata”. L’affermazione sarebbe corretta se fosse riferita ai posti anteriori che sono dotati di iper-tensionatore, ma i posti dietro non ce l’hanno».
Muggittu, insomma, stando agli accertamenti della parte civile, indossava la cintura. Il dato non è di poco conto, per la parte civile, perché in caso di sentenza di condanna dell’imputato, il risarcimento che verrebbe assegnato alla parte civile sarebbe più consistente, visto che la condotta del povero ragazzo, dentro l’auto, è stata corretta.
Andrea Del Monte, invece, il consulente della Unipol-Sai assicurazioni, responsabile civile – ovvero chi eventualmente pagherebbe materialmente i danni alla parte civile – rispondendo alle domande dell’avvocato Pietro Sanna, si è soffermato, in particolare, sulle condizioni del guard-rail. «Mi ha colpito la relazione di Marcialis nel punto nel quale parlava delle gravi condizioni dei montanti della barriera spartitraffico – ha spiegato l’esperto – Marcialis dice che la barriera non era stata minimamente in grado di contenere l’urto e poi aggiunge dicendo che a suo parere l’auto non si era ribaltata. Io contesto questo punto e dunque anche in parte il calcolo che fa Marcialis. Secondo i miei calcoli, l’auto percorre una parte del suo tragitto in fase di rotolamento. E al momento dell’impatto con il guard rail andava a una velocità di 60 km orari. Se il guard rail fosse stato in buone condizioni, e se l’Anas lo avesse adeguato, avrebbe dunque dovuto contenere l’auto entro la carreggiata». Rispondendo a una domanda degli avvocati di parte civile, Tazzari e Intagliata, poi, Del Monte ha precisato che «la velocità di crociera dell’auto», era però di «110 km orari», e che «sembrerebbe che non abbia frenato».