La Nuova Sardegna

Nuoro

Omicidio Sella, le ragioni della condanna

di Valeria Gianoglio
Omicidio Sella, le ragioni della condanna

Delitto di Mamoiada, il gup Cozzella deposita le motivazioni della sentenza nei confronti di Marcello Gungui

17 maggio 2016
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NUORO. Era con l’amico Danilo Sella fino alla sera prima e con lui si era accordato per recarsi nelle campagne di Cau, vicino a Mamoiada, per uccidere un cane randagio che infastidiva le loro pecore. Ma proprio quel giorno, invece, l’amico Danilo venne trovato senza vita, con il volto straziato da un pallettone. Il suo alibi, scrive il gup, si è dimostrato «in breve tempo del tutto fasullo e artificioso», i familiari che lo hanno sorretto mentirono «spudoratamente», per «allontanare, già dalla sera del 17 settembre 2008, cioè dalla sera precedente all’omicidio per cui è a processo, la figura del congiunto Gungui Marcello da quella del defunto Sella Danilo». E apparteneva al suo fucile difettoso, la cartuccia inesplosa marca Fiocchi che era stata trovata dai carabinieri vicino al cadavere di Danilo Sella il 21 settembre 2008.

Per il gup del tribunale di Nuoro, Claudio Cozzella, insomma, questi e altri indizi pesanti come un macigno, sono gli elementi che spiegano per quale motivo, lo scorso primo febbraio, lo stesso giudice ha condannato il giovane mamoiadino Marcello Gungui a una pena di 18 anni per aver ucciso l’amico Danilo Sella il 18 settembre 2008, colpevolendolo al volto con una cartuccia a pallettoni esplosa da un fucile calibro 12.

In 212 pagine di motivazioni della sentenza, il gup spiega con molta chiarezza e altrettanto scrupolo, le ragioni che lo hanno convinto a condannare Gungui. Sulla sua colpevolezza, scrive il gup, «non c’è spazio per alcun ragionevole dubbio».

Uno degli indizi principe, e più volte ricordati anche dai difensori di parte civile per i Sella, gli avvocati Francesco Lai e Sebastian Cocco, è stato l’atteggiamento di Gungui il giorno del funerale di Danilo Sella. Quel giorno, scrive il giudice, Gungui attese che i parenti di Sella interrompessero, per andare al funerale, le ricerche di indizi nella campagna dove era avvenuto il delitto, e a quel punto Gungui chiese aiuto a un cugino a “imbolare tottu”, come si legge in una intercettazione. Dove quella frase, secondo il gup, indicherebbe la volontà da parte di Gungui di nascondere il fucile utilizzato per uccidere Danilo Sella.

La cartuccia marca Fiocchi inesplosa trovata poi ai piedi del cadavere, scrive il gup, «apparteneva a Gungui Marcello», e con quella cartuccia, lasciata inavvertitamente sul luogo del delitto da un fucile difettoso, Marcello Gungui «firmò il compiuto crimine».

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