La Nuova Sardegna

Nuoro

La Svizzera restituisce 427 reperti rubati

di Valeria Gianoglio
La Svizzera restituisce 427 reperti rubati

I carabinieri li recuperano a Lugano dove incontrano gli avvocati di un emigrato sardo che possedeva la collezione illegale

06 luglio 2016
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NUORO. I contorni del thriller carico di mistero e domande irrisolte ci sono tutti. C’è un emigrato sardo residente in Svizzera, amante dell’arte e della storia, che in punto di morte, spinto forse dal rimorso, decide di restituire alla terra alla quale li aveva sottratti e al suo comune di origine in provincia di Nuoro, un consistente mucchio di reperti archeologici risalenti in gran parte all’epoca nuragica. C’è uno studio legale svizzero al quale gli eredi dell’emigrato sardo in questione, dopo avere aperto il testamento del congiunto, decidono di affidarne l’esecuzione. Ci sono, infine, gli esperti della Soprintendenza di Sassari e Nuoro che dopo essere stati contattati dallo studio legale avvisano i carabinieri perché avvertono, insistente, l’aria del reato di ricettazione. E c’è persino, sul finale di questa vicenda, un incontro che in un thriller o in una spy-story che si rispetti non dovrebbe mai mancare: l’incontro canonico al confine tra gli investigatori – in questo caso i carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio artistico di Cagliari – e gli avversari, in questo caso lo studio legale svizzero. E lì, proprio in quella occasione, avviene la consegna dei preziosi 427 reperti.

Dietro tutto questo mistero, in realtà, c’è una storia reale. Un’indagine che i carabinieri guidati dal capitano Paolo Montorsi stanno continuando a condurre anche in queste settimane per capire come si chiamasse l’emigrato sardo residente in Svizzera autore del testamento, e attraverso di lui risalire ai tombaroli che lo avevano rifornito di tutto quel materiale. «L’indagine – racconta il comandante Montorsi – risale a qualche anno fa. Alla fine del 2014 uno studio legale di Lugano contatta la Soprintendenza dicendo che un loro assistito nel testamento aveva deciso di restituire a un comune della provincia di Nuoro molti reperti archeologici che possedeva. Ma la cosa non era possibile perché si trattava, evidentemente, di oggetti frutto di attività illecita. Comincia una lunga trattativa diplomatica tra noi e lo studio legale svizzero per rientrare in possesso di quei reperti. La trattativa si conclude qualche mese fa, ad aprile, quando siamo andati a Lugano, e lì, nell’ufficio dell’agenzia delle dogane a Pontechiasso, ci siamo incontrati e ci hanno consegnato i reperti. Sono 427, in gran parte di epoca nuragica, e pensiamo che possano provenire soprattutto dal territorio della provincia di Nuoro ma anche dal resto dell’isola. Gli archeologi stanno facendo gli accertamenti per capirlo».

«Il materiale che è stato ritrovato – spiega la funzionaria della Soprintendenza di Nuoro e Sassari, Gianfranca Salis – risale alla fase pre-nuragica, parte dal Neolitico. Il grosso della collezione è di epoca nuragica: ci sono pugnali di varie tipologie, spillloni, bronzi figurati, animaletti in bronzo. Alcuni pezzi sono danneggiati da restauri, altri elementi rimandano a contesti di tipo votivo, di altri reperti abbiamo molti dubbi sull’autenticità. Per questo motivo stiamo procedendo ad alcune analisi fisico-chimiche. Grazie a queste analisi capiremo di più sulla provenienza dei reperti e sulla loro autenticità». «La collezione comprende anche diversi reperti metallici – spiega il dirigente della Soprintendenza, Antonio Sanciu – risalgono all’epoca romana, dal secondo secolo dopo Cristo fino al quarto-quinto, abbracciano gran parte dell’età imperiale. Di notevole c’è una navicella-sandalo di produzione nubiana. Rappresenta un volto umano. Ma ci sono anche campanelli, elementi di vestiario, fibbie».

«Questo ritrovamento – conclude il comandante Montorsi – è importante anche per continuare a diffondere la cultura della tutela del patrimonio artistico e archeologico dell’Italia. Il nostro sito internet ci sono tutti i consigli per i cittadini che trovano reperti, e di recente abbiamo anche creato un’applicazione per cellulari per fare ricerche nelle nostre banche dati».

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