Il vescovo: «Diamo un futuro ai bambini»
Monsignor Mosè Marcia ha lanciato un appello ai politici. «Siamo malati di egoismo e individualismo esasperato»
NUORO. «Questi bambini siano l’oggetto privilegiato della nostra attenzione, non vi ringrazio solo per la vostra presenza ma per l’impegno per questi bambini e per una comunità che ha bisogno del vostro aiuto per crescere. Date questo aiuto». È con queste parole che il vescovo di Nuoro, monsignor Mosè Marcia, ricordando la presenza dei bambini ai piedi dell’altare, ha salutato il presidente della Regione Francesco Pigliaru e gli altri rappresentanti politici e istituzionali presenti (tra questi anche una quindicina di sindaci) in cima al monte Ortobene per l’omaggio di fede al Cristo Redentore. Parole dette al termine della messa solenne celebrata poco dopo il pellegrinaggio partito all’alba dalla Cattedrale di Santa Maria della neve per rinnovare un rito che si ripete da 116 anni.
«Abbiamo davanti a noi due date, 1901-2016 – ha esordito monsignor Marcia nella sua omelia –. 1901, apertura nuovo secolo, papa Leone XIII, il Papa della “Rerum novarum”, indìce un anno Giubilare dedicato a Gesù Cristo Dio, nostro Redentore! 2016, altro Giubileo indetto da papa Francesco dedicato a Gesù Cristo, immagine della Misericordia del Padre. Due date, due anni giubilari, ambedue dedicati all’infinito amore di Dio per noi».
«Potremo mai gustare il suo amore infinito, la sua eterna misericordia, se non avvertiamo – ma perdonatemi – e non vogliamo ammettere la nostra o le nostre miserie? Siamo malati di egoismo e individualismo esasperato – ha ribadito il presule –. La nostra cultura ci ha abituati alla competizione: la lotta per i primi posti, la ricerca del profitto, la concorrenza fino ad eliminare chi è percepito come avversario, la raccomandazione a scavalcare altri. La corruzione per aggirare la legge, la furbizia per non pagare il dovuto e tanti altri comportamenti simili ci sono proposti e diventano con facilità i valori portanti del nostro vivere sociale» ha sottolineato con forza, lui che in cinque anni alla guida della diocesi barbaricina ha celebrato 14 funerali di morti ammazzati. «Il Redentore e il suo Vangelo insegna tutt’altro – ha proseguito il vescovo –, proclama la vera rivoluzione alternativa alle nostre “mode”: orgoglio e autosufficienza sono davanti a lui negazione della vera sapienza. Chi usa occhiali dalle lenti rosse, vedrà tutto rosso! Se il nostro metro di misura è il Pil, la ricchezza, il denaro, il proprio tornaconto, leggerà con questa ottica anche la distruzione e le morti che un terremoto causa in pochi infiniti attimi!». E ancora, a proposito della recentissima tragedia del centro Italia: «Non bastano 291 morti, ma neanche una sola vita stroncata è mai barattabile con un “barile” di combustibile!». «Noi qui, a casa nostra, in Sardegna – ha alzato la voce davanti alla folla riunita nel parco dell’Ortobene –, non siamo più innocenti delle grandi multinazionali, quando con il fuoco, con gli incendi, distruggiamo migliaia di ettari e condanniamo al rogo migliaia di animali, esseri viventi che formano la nostra fauna! È solo piromania da curare anche forzatamente, come ogni altra malattia deleteria per la persona e per la società, o è idolatria del nostro dio-interesse? C’è rispetto del creato o non forse ancora il culto al dio-denaro, con i suoi incomprensibili interessi, e i nostri egoismi, con chissà anche quali sospettabili abusi di potere, quando si vuole cambiare la vocazione di una terra a scapito della piccola imprenditoria, familiari private, e a favore di grandi potenze economiche, fossero anche pubbliche?».
Una pausa, un respiro profondo. E monsignor Mosè Marcia riprende: «Il Redentore ci ricorda che Dio è Amore! Ma dov’è l’immagine di Dio-Amore nella famiglia quando per un fazzoletto di terra frutto non del proprio lavoro personale, ma di eredità, si ammazza un proprio fratello? O per un testamento, che mi esclude da un bene su cui forse non ho alcun diritto, viene armata la mano omicida contro due della mia stessa famiglia? È amore o egoismo mascherato di finto amore, che per non soffrire io sopprimo mia madre sofferente? È mai definibile amore il rapporto famigliare dei due coniugi che sfocia nella violenza e nel femminicidio?». Interrogativi che restano impressi, che il vescovo non può tacere.