Tentato omicidio Cabua: «Corri, mi hanno sparato»
Al processo il ricordo del figlio del ferito: «Mio padre mi chiamò al telefono» «L’atteggiamento dei Melone era cambiato da quando erano stati sfrattati»
NUORO. «Erano circa le 17.10, io stavo tornando in paese perché in quel periodo lavoravo sulla Bitti-Sologo. Ho risposto al telefono e ho sentito mio padre che mi diceva “Fai presto, mi hanno sparato”. Così mi precipitai sul posto, allertai il 112 e l’ambulanza. Quando arrivai al terreno trovai mio padre steso a terra, tra il Dumper e la recizione, era sul ciglio della strada, supino, semi-rigido, ogni tanto perdeva conoscenza. Mi disse che non aveva visto chi lo aveva sparato ma che aveva sentito come una sorta di scossa elettrica mentre dava da mangiare ai cavalli». Ha ricordi molto nitidi, del 4 giugno 2014, Pietro Cabua. Trentasei anni, residente a Lula, Pietro Cabua è figlio di quel Giovanni Cabua che poco più di due anni fa era stato raggiunto da alcune fucilate che solo per pochi centimetri non gli avevano per sempre strappato la vita.
Per quel tentato omicidio è già stato condannato in primo grado con il rito abbreviato il presunto mandante, Raimondo Melone, mentre il processo tutt’ora in corso riguarda il presunto esecutore materiale del tentato omicidio: Michele Marras, difeso dall’avvocato Francesco Lai. All’udienza di ieri, dunque, la maggior parte del tempo è stata occupata dalla deposizione del figlio di Giovanni Cabua, Pietro. «Dopo il tentato omicidio ha indicato agli investigatori qualche sospetto?», gli ha chiesto il pubblico ministero Andrea Vacca. «Avevamo avuto solo una controversia legale con un ex dipendente, Paolo Marras – ha risposto Pietro Cabua – ma nulla che potesse giustificare una cosa del genere. Abbiamo anche parlato dell’atteggiamento che avevano con noi i Melone da quando erano stati sfrattati e di qualche sconfinamento di bestiame da parte di Sebastiano Carta. Nel 2011 ci vennero uccisi anche alcuni cavalli. A mio padre venne riferito che nel primo caso i responsabili erano stati Melone Raimondo e Marras Luciano». «Chi fece questi nomi a suo padre?», gli chiede il pm Vacca. «Angelo Maria Piras», risponde Giovanni Cabua, facendo riferimento al lulese che in seguito venne ucciso nelle campagne del paese. Nell’udienza di ieri è stato sentito anche il maresciallo Ciancilla, perché il pm voleva che spiegasse alcuni passaggi delle trascrizioni delle intercettazioni. In particolare alcuni termini considerati chiave nell’economia dell’’intero processo come “acchiccare” pronunciati dallo stesso Raimondo Melone. Il maresciallo ha ribadito che, facendo riferimento anche al contesto della frase, lui aveva tradotto quel termine con “lo ha colpito”, mentre di diverso parere erano stati sia il perito del tribunale, Francesco Pinna, sia il consulente della difesa, Walter Marcialis.