Nuoro, ore al pronto soccorso in attesa del medico
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L'ospedale di Nuoro dove è morto l'anziano di UrasLa denuncia della figlia di una paziente novantenne con l’Alzheimer lasciata su una barella
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NUORO. Era finita in pronto soccorso perché aveva avuto febbre alta a oltre 39 ° e un brusco abbassamento della saturazione dell’ossigeno a 90/91, vomiti e diarrea continui, oltre a un peggioramento delle sue condizioni psicofisiche. Il medico di famiglia aveva insistito perché i familiari la portassero in ospedale. Per un’anziana residente a Orgosolo con problemi di Alzheimer, è stato l’inizio di un incubo. A raccontarlo i familiari che si sono trovati a vivere con lei più di sei ore nella sala d’attesa del pronto soccorso del San Francesco.
«Siamo arrivati in ospedale intorno alle 15 – ha detto la figlia dell’anziana paziente – Al momento dell’accettazione non mia madre non aveva più febbre e l’ossigeno andava bene. In attesa di una radiografia al torace ci hanno detto che dovevamo aspettare la visita di un medico, per cui era stata sistemata in una barella con il poggiatesta rotto. Alla richiesta di un cuscino, ci siamo sentiti rispondere che non ce n’erano. Dopo un po’ ho informato gli infermieri della malattia di mia madre – ha aggiunto la figlia della donna – sperando che l’attesa per noi non fosse troppo lunga anche perché si sarebbe potuta agitare non potendo prendere le medicine. Dalle 15,30 fino alle 21 di quel giorno per mia madre è iniziato il calvario: distesa sempre nella stessa posizione sena neppure un minimo controllo, abbiamo chiesto a più riprese se potevano visitarla e sollecitare i medici ma la risposta è sempre stata la stessa: “Noi qui stiamo lavorando e non possiamo sdoppiarci”. Poverini – ha sottolineato la figlia della paziente – hanno ragione pure loro, ma in tutte quelle ore non si è visto nessuno. Possibile che un’anziana ultra novantenne in forte stato di agitazione, con la febbre che stava cominciando a riaffacciarsi, non rappresentasse un’urgenza? Abbiamo stretto i denti – ha aggiunto la donna – e abbiamo deciso di aspettare. Nel frattempo un’infermiera dopo l’ennesima richiesta ci ha annunciato che dopo due persone sarebbe stato il nostro turno. Che bello! Abbiamo pensato. Ma ci siamo solo illusi troppo in fretta. Alle 21, ormai mamma era ingestibile, così abbiamo chiamato l’ambulanza di Orgosolo e ce ne siamo andati. So perfettamente che questa denuncia non potrà cambiare le cose – conclude la figlia della paziente – ma qui non si è trattato solo di mancanza di personale ma proprio di umanità. La speranza è che cose del genere non possano diventare un’abitudine ma servano da monito perché nessuno si senta più come noi, soprattutto in ambienti come gli ospedali».
«Siamo arrivati in ospedale intorno alle 15 – ha detto la figlia dell’anziana paziente – Al momento dell’accettazione non mia madre non aveva più febbre e l’ossigeno andava bene. In attesa di una radiografia al torace ci hanno detto che dovevamo aspettare la visita di un medico, per cui era stata sistemata in una barella con il poggiatesta rotto. Alla richiesta di un cuscino, ci siamo sentiti rispondere che non ce n’erano. Dopo un po’ ho informato gli infermieri della malattia di mia madre – ha aggiunto la figlia della donna – sperando che l’attesa per noi non fosse troppo lunga anche perché si sarebbe potuta agitare non potendo prendere le medicine. Dalle 15,30 fino alle 21 di quel giorno per mia madre è iniziato il calvario: distesa sempre nella stessa posizione sena neppure un minimo controllo, abbiamo chiesto a più riprese se potevano visitarla e sollecitare i medici ma la risposta è sempre stata la stessa: “Noi qui stiamo lavorando e non possiamo sdoppiarci”. Poverini – ha sottolineato la figlia della paziente – hanno ragione pure loro, ma in tutte quelle ore non si è visto nessuno. Possibile che un’anziana ultra novantenne in forte stato di agitazione, con la febbre che stava cominciando a riaffacciarsi, non rappresentasse un’urgenza? Abbiamo stretto i denti – ha aggiunto la donna – e abbiamo deciso di aspettare. Nel frattempo un’infermiera dopo l’ennesima richiesta ci ha annunciato che dopo due persone sarebbe stato il nostro turno. Che bello! Abbiamo pensato. Ma ci siamo solo illusi troppo in fretta. Alle 21, ormai mamma era ingestibile, così abbiamo chiamato l’ambulanza di Orgosolo e ce ne siamo andati. So perfettamente che questa denuncia non potrà cambiare le cose – conclude la figlia della paziente – ma qui non si è trattato solo di mancanza di personale ma proprio di umanità. La speranza è che cose del genere non possano diventare un’abitudine ma servano da monito perché nessuno si senta più come noi, soprattutto in ambienti come gli ospedali».