La Nuova Sardegna

Nuoro

Armi e droga, il filo rosso tra Emilia e Sardegna

Il tribunale di Nuoro
Il tribunale di Nuoro

Ricostruiti in aula i traffici illeciti della banda capeggiata, per l’accusa, dall’orgolese Giovanni Mereu

31 ottobre 2018
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NUORO. Traffici di droga e di armi, che sarebbero state sottratte anche all’Esercito per essere rimontate e rivendute, ma anche piani criminosi ben più ampi pensati per assalti a portavalori e che contemplavano persino il furto, a scopo di estorsione, della salma di Enzo Ferrari dal cimitero di Modena.

Questo è quanto sta emergendo nel corso del processo dell’operazione denominata “Tutti innocenti” condotta dai carabinieri del comando provinciale di Nuoro e coordinata dal pm Gilberto Ganassi della Dda di Cagliari. Ieri mattina è proseguita davanti al tribunale in seduta collegiale (presidente Giorgio Cannas) la lunga e dettagliata deposizione del maresciallo Giampiero Molozzu sulla presunta associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e armi tra la Sardegna, l’Emilia Romagna il Veneto e la Lombardia che vedeva coinvolte a vario titolo, una quarantina di persone di cui 14 approdante davanti al tribunale di Nuoro e chiamate a rispondere dei pensanti reati.

Si tratta di Lucio Baltolu, Gaetano Frio, Enrico Brau, Antonio Francesco Mereu, Danilo Mazoni, Roberto Mezza, Giulio Cesare Mulas, Raffaele Paladini, Paolo Paris, Antonio Francesco Pipere, Francesco Piras, Peppino Puligheddu, Vittorio Scano e Giampiero Serra. Il teste ieri ha ripercorso le varie fasi dell’inchiesta a carico dei componenti della banda che avrebbero messo su una vera e propria rete criminale stringendo rapporti anche con esponenti della ’Ndrangheta. Capo dell’organizzazione, secondo l’accusa, era Giovanni Antonio Mereu, orgolese da anni trapiantato a Parma che manteneva i rapporti con l’isola. Dalla deposizione del maresciallo e attraverso il contenuto delle intercettazioni è stato possibile ricostruire gli spostamenti e le conversazioni tra gli imputati che avvenivano sia telefonicamente che di persona.

Uno spaccato dei legami tra personaggi già noti alle forze dell’ordine e altri sconosciuti, insospettabili, che alla fine si sono rivelati protagonisti principali dell’inchiesta. Un giro di affari di diverse migliaia di euro attorno a un traffico di droga (si fa riferimento a un kg di cocaina venduto a 70-80mila euro) e armi che vedevano nell’isola un porto sicuro. Mereu, secondo l’accusa, aveva la possibilità di far arrivare nell’isola pistole, fucili e armi da guerra che gli venivano fornite da Renato Bazzan, perito balistico padovano e capo squadra dei vigili del fuoco finito nella rete degli investigatori insieme al figlio Willy. Bazzan aveva rapporti con il militari Giuseppe Mattei e il suo amico Paolo Paris, entrambi dipendenti del Cerimat, luogo di demolizione del le armi dell’esercito o di quelle sequestrate in operazioni di polizia.

Secondo l’accusa i due trafugavano armi che dovevano essere distrutte, le consegnavano a Bazzan che le rimetteva in uso e le “passava” a Mereu il quale, a sua volta, coordinava il traffico illecito con la Sardegna. È solo grazie alle intercettazioni che le forze dell’ordine hanno potuto ostacolare l’attività illecita della banda, organizzando posti di blocco e recuperando parte della “merce” che doveva raggiungere il mercato sardo.

Come nel 2011 con l’arresto di Marco Arzu, il giovane di Talana che reduce da un viaggio in Emilia, intercettato a casa di Giovanni Antonio Mereu, aveva trasportato in auto fino alla Sardegna diverse armi. Al bivio di Lula era stato fermato a un posto di blocco e arrestato perché trovato con 9 pistole. (k.s.)
 

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