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Nuoro

Maxi rogo a Siniscola: «Aiutateci a scoprire chi ci ha distrutto»

Valeria Gianoglio
Maxi rogo a Siniscola: «Aiutateci a scoprire chi ci ha distrutto»

L'azienda è devastata, Francesco Pau e la moglie Mattea lanciano un appello

08 marzo 2020
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INVIATA A SINISCOLA. «Avrei tanto da dire ma ora siamo troppo sconvolti: qui è andato in fumo il lavoro di una vita, qui lavorano anche sei dipendenti, e ancora dobbiamo capire cosa faremo per il futuro. Ma c’è una cosa alla quale tengo: voglio lanciare un appello a chi ha visto, sentito o si è accorto di qualcosa. Scrivetelo, che ce lo segnali, o lo segnali alle forze dell’ordine, magari anche in forma anonima, ma lo faccia. Il mio è un appello all’umanità, alla solidarietà della gente, e qui a Siniscola ce n’è tanta che ci vuole bene e ci stima. A noi ci vogliono bene tutti». Mattea Melia fa scorrere il cancello davanti a sè, e non vuole essere fotografata né dire altro, prima di tornare nei confini della sua azienda, a fare la conta dei danni e leccarsi le ferite dopo le 24 ore più brutte trascorse in tanti anni di lavoro sudato, fatica e impegno nell’azienda alla periferia di Siniscola, lungo la strada provinciale numero 12.

Il giorno prima, insieme al marito e titolare della ditta di trasporti e vendita di legna da ardere, Mattea Melia era stata buttata giù dal letto da una di quelle notizie che non si vorrebbero mai ricevere nella vita di un onesto lavoratore: 17 mezzi dell’azienda fondata nel 1973 dal padre di Francesco, Antonio Pau, erano andati a fuoco. Diciassette, non uno, diciassette. L’attentato incendiario più grosso che si ricordi in Sardegna da diversi anni a questa parte. «Quando ho visto i mezzi distrutti è stato come vedere una scena di guerra – racconta Francesco Pau a chi lo chiama per chiedergli notizie e portargli solidarietà – è stata una sensazione bruttissima. Ci hanno distrutto, ci hanno creato un danno enorme e non è nemmeno coperto dall’assicurazione». E sì, perché, come se le brutte notizie non fossero state già abbastanza, ieri mattina per Francesco Pau e per la moglie Mattea, è arrivata anche la doccia fredda: l’azienda era coperta solo per furto e incendio, ma non per un incendio doloso e per un attentato in generale. E questo comporta un dato di fatto: i circa 500mila euro di danni che ieri sono stati ricalcolati dopo la prima stima decisamente più elevata, sono a totale carico dell’azienda. Il futuro, dunque, per l’azienda per ora resta avvolto nell’incertezza.

«Che faremo adesso? Non lo so, davvero per ora non lo so, e non ho avuto il tempo per pensarci: siamo ancora frastornati, sono alle prese con mille documenti e telefonate, è difficile capire e pensare con calma. Non sappiamo da dove ci sia arrivato tutto questo: non abbiamo mai ricevuto minacce o altri segnali». Certo è che nella zona industriale di Siniscola o nelle immediate vicinanze già altre due segherie sono state oggetto di attentati, e i timori e le preoccupazioni, dunque, si tagliano a fette anche se in tanti preferiscono non parlare. Ma la speranza, da adesso in poi, è che a parlare sia qualcuno che ha visto o sentito qualcosa di utile, almeno per gli investigatori. Qualcuno che magari, l’altra notte, passava nei pressi dell’azienda, lungo la provinciale 12, «Non vogliamo dire altro – ripete, ancora visibilmente provata, Mattea Melia, davanti al cancello dell’azienda – ma solo che siamo distrutti e che ci affidiamo alla sensibilità, anzi, all’umanità della gente. Perché confidiamo e speriamo nel fatto che chi sa, e se la sente, possa parlare al più presto, possa segnalare ciò che sa. Magari ha visto, magari ha sentito, magari passava vicino e sa qualcosa. Ecco, mi appello alla sua umanità: che faccia sapere ciò che sa, che lo faccia sapere anche in forma anonima come vuole. Chiediamo aiuto, solo questo».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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