La Nuova Sardegna

Nuoro

Anche il Rotary va in aiuto alla sanità

di Alessandra Porcu
Anche il Rotary va in aiuto alla sanità

Macomer, raccolta fondi per acquistare un fibroscopio e dispositivi di protezione

02 aprile 2020
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MACOMER. Alle tante associazioni che in queste ultime settimane si stanno mobilitando per la raccolta fondi in favore delle strutture sanitarie isolane impegnate a combattere il coronavirus, si è aggiunto anche il Rotary di Macomer. Insieme al club di Distretto 2080, di cui fa parte, ha aderito all’iniziativa solidale per l’acquisto di un fibroscopio pluriuso, un laringoscopio e di numerosi dispositivi di protezione individuale.

Kit per la diagnosi del covid19 che lo scorso 25 marzo sono stati consegnati al Santissima Trinità di Cagliari e al Santissima Annunziata di Sassari.

«In questo modo – fa sapere il presidente dell’associazione Mariano Cadoni – abbiamo voluto fare anche noi la nostra parte. L’attuale stato di emergenza impone la lotta contro un nemico invisibile e molto pericoloso, perciò risulta necessario e doveroso aiutare chi oggi è in prima linea nelle corsie degli ospedali, e ha estrema necessità di svolgere il proprio lavoro in sicurezza».

Il Rotary macomerese ha, inoltre, destinato altri fondi per la donazione di mascherine protettive al San Francesco di Nuoro, oltre che ad altre strutture del territorio che stanno riscontrando notevoli difficoltà nel reperire questo tipo di materiale.

«In un momento di enorme disagio come quello attuale – prosegue il presidente – il mio pensiero e quello degli altri soci va a tutte le persone in difficoltà, agli operatori sanitari, ai medici, agli infermieri, alle forze dell’ordine e alle associazioni di volontariato che si prodigano, senza sosta, per il bene della comunità».

«Nel rispetto delle direttive vigenti – aggiunge il presidente –, dallo scorso mese e fino a data da stabilirsi, abbiamo deciso di sospendere ogni tipo di attività, comprese le riunioni settimanali. Ci siamo, inoltre, adoperati – conclude Mariano Cadoni – per far rientrare nei paesi di origine, i tre ragazzi del progetto “Scambio giovani” che avrebbero dovuto trascorrere l’intero anno scolastico qui da noi. A malincuore hanno dovuto sospendere l’eperienza e separarsi dalle famiglie del nostro territorio che li stavano ospitando».

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