La Nuova Sardegna

Nuoro

Le autoscuole: 2 proposte per riprendere a lavorare

di Francesco Pirisi
Le autoscuole: 2 proposte per riprendere a lavorare

Parla Monica Piroddi, responsabile regionale dell’associazione di categoria «Esami di teoria nelle nostre agenzie e prove pratiche in due autovetture»

29 aprile 2020
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NUORO. Nuova proposta delle autoscuole per rompere il muro alzato dal coronavirus e tornare a lavorare. La spiega da Lanusei, Monica Piroddi, coordinatrice regionale di Confarca, l’associazione che riunisce le aziende del settore: «Il problema è quello dei contatti e degli assembramenti, che certo vogliamo evitare. La nostra soluzione per l’esame di teoria, così da separare i candidati, è quella di farla fare sia nella motorizzazione, sia nelle autoscuole, così come avveniva sino a una decina di anni fa. Mentre per la pratica, l’esaminatore non si accomoderà nel sedile dietro il candidato e l’istruttore, ma seguirà a bordo di un’altra auto, con la possibilità di dare le indicazioni a distanza».

Quaranta aziende. La nuova proposta, che vale per il tempo dell’emergenza sanitaria, è emersa due giorni fa da una riunione in video-conferenza tra i coordinatori regionali di Confarca e il dirigente della motorizzazione, Pasquale Danzi, che segue l’area sud del paese. Proposta ora sul tavolo del ministero dei Trasporti. Le attese di Monica Piroddi, che si fa interprete delle autoscuole della Sardegna, tra le quali una quarantina operano in provincia di Nuoro: «La speranza è che la proposta passi e si possa riaprire subito. L’unica cosa certa è che non possiamo continuare a stare fermi. I costi di gestione, tra affitti e spese per tenere il parco dei mezzi, sono alti e senza entrate si rischia di chiudere i battenti per sempre. Non risolvono i problemi i 600 euro trasferiti dal governo».

Patente necessaria. La nuova presa di posizione delle autoscuole è arrivata all’indomani del nuovo decreto della presidenza del Consiglio dei ministri. Tra le prime aperture per il riavvio delle attività, non c’è appunto quella delle scuole che istruiscono alla guida e quindi al conseguimento della patente. Tra i sacrificati dell’emergenza Covid-19 e dalla conseguente chiusura dell’attività di formazione automobilistica, coloro che avevano già fatto l’iscrizione. Lo ricorda sempre Monica Piroddi: «Tra loro ci sono ragazzi che puntavano a conseguire la patente per poi aspirare a un lavoro, anche stagionale. Ma penso anche a chi avrebbe dovuto frequentare il corso per conseguire l’abilitazione Cqc, per la guida dei pullman. Per lo più si erano iscritti in previsione di un concorso per autisti all’Arst, che per il momento è stato spostato come data».

Sosta forzata. Quella di ieri è l’ennesima proposta delle autoscuole al governo, pur di non continuare in una sosta iniziata ai primi di marzo. La spiega ancora Piroddi: «Premetto che anche noi, come tutti i cittadini, siamo consapevoli della necessità di tutelare la salute. Nel nostro caso, quella degli iscritti e dei titolari delle autoscuole. Tuttavia, passato il primo momento, quello più difficile – aggiunge Piroddi – abbiamo proposto di riprendere l’attività, con l’osservanza di alcune regole: il limite al numero delle presenze nelle aule degli allievi e l’obbligo dell’utilizzo delle protezioni».

Ripresa necessaria. Per quanto riguarda gli esami, la richiesta di fondo è stata quella di riportarli, almeno in parte, nelle autoscuole. In questo modo si evita che tanti candidati si ritrovino riuniti nelle aule della motorizzazione. C’è un vantaggio anche per il personale dell’ufficio, che evita di ritrovarsi al centro di assembramenti». Proposta che ora ritorna, rivista e potenziata. Accompagnata dal messaggio delle autoscuole, che da Lanusei Monica Piroddi ribadisce: «O c’è la ripresa, oppure potrebbe essere la fine per diverse aziende».

Paolo Colangelo, presidente nazionale della Confarca: «Il codice Ateco per le autoscuole non è mai stato bloccato - ricorda Colangelo - quindi in teoria dal 4 maggio potremmo riaprire, ma il divieto di effettuare formazione e dunque di erogare i servizi non ce lo permette. È un vuoto legislativo che, da un lato, rischia di non farci rientrare nemmeno nell'estensione della cassa integrazione, e dall'altro di non poter lavorare perché il governo si è dimenticato di noi».

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