La Nuova Sardegna

Nuoro

Appello di un malato di Sla: «I fondi sono insufficienti»

di Nino Muggianu
Appello di un malato di Sla: «I fondi sono insufficienti»

Dorgali, Giuseppe Marreri da 13 anni è affetto da sclerosi laterale amiotrofica «Ho bisogno di 3 operatori H24 ma dalla Regione percepisco 43mila euro annui»

25 febbraio 2021
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DORGALI. Il suo sogno, dopo una vita di duro lavoro era quello di tornare a vivere nella sua casa che si era costruito con tanti sacrifici pensando alla pensione. Invece con Giuseppe Marreri, 70 anni, la sorte non è stata benevola. Nella sua villetta a Luchiddai, ai piedi del monte Bardia, l’uomo è tornato in sedia a rotelle dopo che 13 anni fa è stato colpito dalla Sla. Per 36 anni emigrato in Francia, ha sempre lavorato nell’edilizia come muratore: un lavoro duro, faticoso. «Tutto è iniziato con una sensazione di stanchezza e pesantezza alle gambe, pensavo fosse una cosa passeggera – ha raccontato il pensionato –. Ho continuato a fare il mio lavoro ma i problemi fisici aumentavano. Poi sono iniziate le cadute sempre più frequenti, sempre più penalizzanti. La mazzata è arrivata con il verdetto del neurologo, che non lasciava spazio ad altre interpretazioni: «Malattia del motoneurone, anche detta Sla». È stato l’inizio del calvario con la ricerca continua di specialisti.

«Sono andato a San Giovanni Rotondo dove c’è un centro veramente specializzato, vero esempio di professionalità – ha continuato Marreri – ma anche lì mi hanno confermato la patologia che lentamente stava minando tutto il corpo. Nel 2015 ho deciso di rientrare in Italia, nel mio paese, dove sognavo di trascorrere l’anzianità in serenità. Sono stato preso in consegna dal centro di neurologia di Nuoro. Tre anni fa è arrivato il carico massimo del morbo. Non stavo più in piedi, non avevo più forze e per deambulare avevo bisogno di aiuto. Ed eccomi qua in sedia a rotelle incapace di fare nulla. A Nuoro – ha aggiunto il pensionato – tutto è andato benissimo. Due anni fa ho subito la tracheotomia, per cui sono passato dalla seconda alla terza categoria e sono obbligato ad avere tre persone a mio servizio 24 ore su 24. Purtroppo – ha proseguito – mi sono accorto che i soldi a disposizione dalla Regione non bastano più da quando sono passato dalla seconda alla terza categoria, ma i soldi a disposizione sono rimasti gli stessi. Per una badante spendo 1.333 euro, per altri due collaboratori 1.100 a testa. Come faccio a pagare tutti con 2.200 euro di pensione se poi devo aggiungere una quarta persona che sostituisca gli altri quando hanno la giornata libera? C’è qualcosa in questo sistema, che non va – ha continuato Giuseppe Marreri –. Se lo Stato per me come paziente di una Rsa versava alla Regione 84mila euro all’anno per la mia degenza in struttura, per quale motivo una volta rientrato a casa mi sono visto decurtare la cifra della metà? Così non riesco ad affrontare le spese. Il progetto “Ritornare a casa” ora vale meno rispetto al passato: fino a tre anni valeva 65mila euro, poi decurtati di 20mila. Perchè – ha denunciato il paziente – non si tiene conto delle nostre lamentele? Abbiamo bisogno di assistenza durante tutta la giornata e chi ci assiste è giusto che venga pagato in modo adeguato. Questo ci consentirebbe di vivere con più serenità. Faccio un appello al presidente Solinas con la speranza che ci dia una mano per avere ciò che ci spetta. Adesso – ha concluso Marreri – gli operatori che mi assistono sono sotto di un mese con lo stipendio. Sono madri e padri di famiglia. Che senso ha farci vivere anche questi disagi? Faccio un appello a tutti gli organi competenti che ci diano una mano. Ne abbiamo veramente bisogno».

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