La Nuova Sardegna

Nuoro

Borore costretti a pagare gli esami post Covid

di Alessandra Porcu
Borore costretti a pagare gli esami post Covid

Il racconto di una coppia che finora ha speso oltre mille euro per curarsi: «È un grande calvario»

24 giugno 2021
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BORORE. Oltre al danno, la beffa. Così si potrebbe sintetizzare la vicenda di una coppia di Borore che, a distanza di sei mesi dalla guarigione dal coronavirus, si vede costretta a pagare di tasca propria le visite specialistiche, oltre ai farmaci e agli integratori. «Finora abbiamo speso un migliaio di euro – spiega Angelo Scarpa –. Viste le infinite liste d’attesa del servizio sanitario nazionale, non ci è rimasto altro che rivolgerci ai privati».

«Il Covid ha lasciato strascichi importanti sul nostro organismo e non potevamo rischiare di andare dal cardiologo o dal pneumologo a settembre» aggiunge la moglie, Patrizia Cappai. Dunque, sebbene il Governo abbia garantito uno stanziamento di 5 milioni di euro, per due anni, al fine di esentare dal pagamento del ticket tutti i pazienti colpiti da una grave forma del virus, loro non hanno potuto usufruire del servizio. Il provvedimento in questione è pensato, in particolare, per coloro che hanno necessitato delle cure ospedaliere. E se è vero che i due coniugi non sono finiti in nosocomio, è altrettanto vero che le loro condizioni di salute hanno imposto a entrambi l’utilizzo dell’ossigeno per due settimane. «Siamo stati molto male. Solo l’intervento tempestivo del nostro medico di base e la cura iniziale a base di antibiotico, in seguito sono stati prescritti cortisone ed eparina, ha evitato il peggio –racconta Angelo –. Il nostro, come quello di tanti sfortunati che come noi hanno conosciuto da vicino il Sars-Cov2, è stato un vero e proprio calvario». Tutto è cominciato il 26 ottobre scorso. La febbre è salita fino a raggiungere i 39°. Poi sono comparsi gli altri sintomi: respiro corto, oppressione dello sterno, saturazione bassa, spossatezza. «La fame d’aria era una costante – ricorda Patrizia che soffre di asma cronica –. Ci sono stati dei giorni in cui non riuscivamo neppure ad alzarci dal letto. Abbiamo temuto di non farcela, ma con l’aiuto dell’Usca e con le terapie adeguate siamo riusciti a salvarci». Ci sono voluti quasi due mesi per guarire dalla polmonite interstiziale. Era il 15 dicembre quando finalmente entrambi si sono negativizzati. Nonostante ciò, i postumi dell’infezione hanno costretto la donna a tornare al lavoro dopo quattro settimane. «A distanza di tempo – precisa – in certi momenti, il fiato è corto. D’improvviso avvertiamo dolori lancinanti alle articolazioni. Per non parlare della dermatite e della stanchezza perenne». Sono tante le ferite lasciate dal coronavirus, nel corpo e nell’anima. «Io e mia moglie ci riteniamo fortunati anche perché possiamo pagare visite ed esami medici. Ma il pensiero va a chi, invece, non può farlo. E questo dispiace» conclude Angelo Scarpa.



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