La Nuova Sardegna

Nuoro

Il processo

Omicidio Carai, la difesa: «I gemelli Contena sono innocenti»

di Kety Sanna

	I carabinieri sul luogo del delitto
I carabinieri sul luogo del delitto

Il delitto di Orune, in Assise le arringhe degli avvocati dei due fratelli

08 aprile 2024
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Nuoro «Siamo arrivati alle battute finali di un processo lungo che ha toccato tematiche complesse. Un processo in cui abbiamo discusso e affrontato aspetti tecnici, che hanno portato a dimostrare che gli autori di questo omicidio non sono i fratelli Giuseppe e Maoro Contena. Rispondendo alle domande che il pubblico ministero Riccardo Belfiori si è posto durante la requisitoria, del perché se innocenti i due imputati si siano comportati in quel modo, e del perché nelle loro auto sia stato trovato il Dna della vittima, basta dire che i Contena non si fidavano dei carabinieri per via del loro vissuto, riconducibile a un contesto familiare in cui, in passato, altri loro parenti erano stati messi in carcere seppur totalmente innocenti. Quattro fratelli, infatti, erano stati accusati di sequestri e rapine e poi erano stati assolti. Quanto al Dna, come hanno evidenziato i nostri consulenti, non è scientificamente databile».

È proseguito con l’arringa degli avvocati Stefano Zoccano e Nicola Caricaterra, il processo in Corte d’Assise (presidente Elena Meloni, a latere Alessandra Ponti) per l’omicidio di Mauro Antonio Carai, l’allevatore 72 enne di Orune ucciso a coltellate nell’estate di tre anni fa, che vede imputati due compaesani, i fratelli Maoro e Giuseppe Contena, difesi anche dall’avvocato Luigi Esposito che prenderà la parola all’udienza del 15 aprile. I familiari della vittima sono parte civile con gli avvocati Lorenzo Soro e Pasquale Ramazzotti.

«Alla luce di quanto emerso dal dibattimento, è possibile dire che non c’è niente di ovvio. La domanda che occorre farsi, è se sia emersa la prova della colpevolezza degli imputati oltre ogni ragionevole dubbio, perché – hanno sottolineato i due avvocati rivolgendosi alla giuria popolare – se avete anche un solo dubbio dovete assolvere. E in questo processo il dato oggettivo, o meglio un non dato, è che non sappiamo cosa sia successo a Mauro Antonio Carai quella sera. Non si conosce la dinamica dei fatti, né l’arma del delitto, perché sia stato ucciso né da quante persone. Non sappiamo perché l’assassino abbia fatto sparire le chiavi della sua auto. L’unico dato certo è quando sia morto, perché lo dice la scienza, ossia tra le 23 e le 24 del 27 agosto 2021».

I difensori dei Contena partendo dai risultati della consulenza tecnica del medico legale Stefano De Pasquale Ceratti, hanno messo in risalto i punti in contrapposizione con la perizia medico legale di Vindice Mingioni. «Innanzitutto il raffreddamento del corpo: la temperatura del cadavere ha subito un crollo dovuto alla perdita massiva di sangue – hanno sottolineato –. Sicuramente era al di sotto dei 35 gradi. Mauro Antonio Carai è morto all’aperto e anche questo ha influito sul raffreddamento cadaverico. Mingioni che stabilisce l’ora della morte tra le 20 e le 21 evidentemente non considera lo shock emorragico che, invece, ha avuto un rilievo importante sulla temperatura corporea iniziale della vittima. Quanto alla certificazione del medico di guardia, intervenuto per prima sul posto, per Ceratti ha rappresentato un conforto alle sue conclusioni. L’accertamento cadaverico e tutti i dati della sua consulenza ci dicono che Carai è morto tra le 23 e le 24 di quella sera, quando i Contena erano già a casa, come emerso dalle immagini delle telecamere della caserma dei carabinieri».

Durante la discussione gli avvocati hanno sottolineato che nelle ore subito dopo il delitto, i familiari della vittima nel riportare le abitudini dell’allevatore, avevano sottolineato che capitava che la sera, alcune volte, potesse tardare. «La moglie di Carai quella notte non si era preoccupata perché il marito alle 21 non era ancora rientrato a casa – hanno detto i due avvocati –. Che potesse tornare a un orario diverso non era un caso insolito, perché poteva capitare che si trattenesse ad accudire il bestiame». La difesa insistendo sull’orario della morte ha aggiunto: «È incomprensibile che in quel tratto di strada, percorso da decine di allevatori, tra le 20 e le 21 del 27 agosto nessuno abbia notato l’auto della vittima. Lo stesso maggiore Cappa aveva detto che occupava la carreggiata, quindi se è vero che Carai era stato ucciso all’ora indicata dal dottor Mingioni, è impossibile che nessuno si sia accorto. La verità è che a quell’ora non era ancora successo nulla. E molto più probabile che l’auto si fosse fermata lì a notte inoltrata».

Gli avvocati Zoccano e Caricaterra si sono poi soffermati sul Dna della vittima trovato nelle auto dei due imputati. «Quelle tracce non sono databili – hanno ripetuto i difensori – non è possibile dare un dato cronologico al Dna. Le tracce trovate nelle auto dei Contena, pochissime e invisibili a occhio nudo, non sono di sangue della vittima. Questo dimostra come il quadro sia totalmente incompatibile con un omicidio del genere. Chi ha ucciso Carai doveva essere inondato di sangue, inoltre non dimentichiamoci che il corpo dell’allevatore è stato spostato. Ecco perché è impossibile che nelle macchine degli imputati non sia stato trovato sangue della vittima. Erano state trovate tracce biologiche che però non provengono dalla scena del crimine. Ecco allora che in questo processo il Dna è la prova che non sono stati i due fratelli ad uccidere l’allevatore. Ricordatevi – hanno detto i difensori prima di chiedere l’assoluzione per non aver commesso il fatto – che i Contena e Carai avevano contatti essendo vicini di pascolo. Inoltre sulla scena del delitto, su 66 prelievi fatti, non sono state trovate tracce dei due imputati».

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