Nuoro, dopo oltre due anni di sofferenze rinasce l’arte di Massimo Onnis
Il performer: «Ho interrotto per assistere mia moglie, vale la pena lottare sempre»
Nuoro Finalmente la luce. Dopo quasi due anni e mezzo, la rinascita. Il ritorno a casa, alla vita che sboccia come un fiore sopravvissuto a un lungo, lunghissimo periodo di buio e dolori. «Ma vale la pena lottare, sempre» assicura Massimo Onnis. Sparito dai radar, di certo non dagli affetti più cari. «Ho dovuto interrompere la mia attività per dedicarmi interamente ad assistere mia moglie» racconta l’artista nuorese, originario di Villacidro. Autodidatta ed eclettico. «In tutto questo periodo ho visto e toccato con mano giornalmente quanto sia importante il dono della vita e della salute» va avanti. «Spesso non ci rendiamo conto di quanta sofferenza e disperazione esiste tra i reparti degli ospedali mentre spesso e volentieri diamo precedenza e ci lamentiamo per cose futili. Personalmente questa triste esperienza mi ha letteralmente stravolto la vita e cambiato il modo di vedere le cose» testimonia mentre scorre le immagini del suo portfolio da artista a 360 gradi.
Pittore, scultore, designer, fotografo, fashion designer, ceramista, performer, installatore, videomaker. Tuttora impegnato ad assistere la moglie, legge i messaggi di ringraziamento che gli sono appena arrivati da Firenze.
«Sono io che devo ringraziare – dice –. Ringrazio chi non fa mai mancare la speranza a chi soffre» «Durante questo lungo periodo – riprende fiato Onnis nel suo studio di Città Giardino – ho realizzato e consegnato tre opere; la prima: “Mai smettere di lottare”, è un’opera dedicata a tutti i malati del Santa Maria Bambina di Oristano». Lì è cominciato il lungo percorso della rinascita. «La seconda opera è “Don Carlo Gnocchi uno di noi”, opera monumentale di tre metri dedicata al prete educatore che dà il nome alla Fondazione e all’Irscc di Firenze, l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Un Centro d’eccellenza nel campo della riabilitazione». Tecnica mista, sul lato destro dell’opera una frase del Premio Oscar Roberto Benigni: “Iniziare un nuovo cammino spaventa. Ma dopo ogni passo che percorriamo ci rendiamo conto di come era pericoloso rimanere fermi”. La terza opera che Massimo Onnis ha finalmente portato a termine è “Il dolore di una madre”. Potrebbe essere ribattezzata “La pietà sarda”.
«Certo, vederla esposta al Museo Man sarebbe un sogno» confessa Massimo Onnis. «Il tema della tristezza, del dolore e della malattia mi era già venuto in mente anni fa, dopo il triste periodo del Covid – racconta il performer –. Realizzare un’opera significativa e a tema da esporre e pubblicare durante una mia mostra personale a Cagliari dal titolo “Profilo di donna”. Oltretutto, è il titolo della mia ottava monografia che spero a breve di pubblicare». «Dopo questo lungo periodo di sofferenze, ho pensato che era giunto il momento di portare a termine il progetto» svela l’artista nuorese. «La sfida era realizzare una donna che trasmettesse un dolore “diverso” in modo sostenuto, con orgoglio e dignità, nello stile di uno dei più grandi capolavori artistici che l’uomo abbia mai realizzato, “La pietà” di Michelangelo. Realizzare un’opera di dimensioni importanti (è una tecnica mista su tela 178x133cm, ndr) che non rappresentasse o narrasse una scena o un episodio accaduto come la “Madre dell’ucciso” di Francesco Ciusa, ma un’opera dal significato profondo e diverso che, tendesse a indicare una sofferenza e una tristezza generale, composta e contenuta di una madre, in abito tradizionale di Nuoro, per la perdita improvvisa di un figlio, un marito o un proprio caro». Questa è l’arte della vita, con tutti i suoi alti e bassi.