La Nuova Sardegna

Nuoro

Le indagini

Omicidio di Luca Goddi: lo scontrino con l’orario sbagliato, la lista clienti, le intercettazioni - I RETROSCENA

di Valeria Gianoglio
Omicidio di Luca Goddi: lo scontrino con l’orario sbagliato, la lista clienti, le intercettazioni - I RETROSCENA

Ecco come i carabinieri sono arrivati all’arresto di Pietro Contena, presunto killer di Orune

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Orune A smentire la storiella di chi, rispondendo alle domande dei carabinieri, per settimane ha sostenuto in modo tenace “Il bar era chiuso a quell’ora, non c’erano avventori, non abbiamo visto niente”, per primo è stato un scontrino da 6 euro e 40 centesimi, rimasto ancora attaccato al registratore di cassa. Come succede quando chi lo dovrebbe strappare ha una fretta maledetta e dimentica quel passaggio trascurabile. 

Portava l’orario delle 18.27, ma, come accertato in seguito dagli inquirenti, era da retrodatare di sei minuti perché impostato sin dall’inizio con l’orario scorretto. E poi, come se non bastasse, sempre a smontare la tesi del bar chiuso e dell’assenza di avventori, sostenuta da tutti i potenziali testimoni del delitto portati in caserma dopo l’omicidio di Luca Goddi, ai militari dell’Arma è bastato anche un semplice sopralluogo dentro il locale di Orune. Cocci di bottiglia sparsi dappertutto, la macchinetta del caffè lasciata ancora in funzione, decine di bicchieri, alcuni dei quali ancora pieni di birra. Altro che locale vuoto, e chiuso all’orario del delitto, come confermato pure dall’ultimo scontrino. 

Ed è da lì, tuttavia, dal foglietto e dal successivo ritrovamento della lista di clienti – che conteneva anche il soprannome del presunto killer Contena “Ridotta” e della sua vittima “Lucheddu”, che le indagini dei carabinieri per trovare il killer di Luca Goddi, cominciano a toccare con mano l’ennesimo muro di omertà. Che nell’inchiesta per l’omicidio del 4 agosto 2023, durante i festeggiamenti per Su Cossolu a Orune, non è più una frase abusata o un pregiudizio non corrispondente al vero, ma un qualcosa che gli inquirenti avvertono in tantissimi passaggi delle indagini. E i retroscena dell’inchiesta, approdata martedì mattina, 20 maggio, nell’arresto di Pietro Contena, come presunto autore dell’omicidio, e che vede indagato a piede libero per concorso il nipote Giovanni Pala, lo rivelano impietosi. Lo stesso gip Giovanni Angelicchio, lo sottolinea in diversi passaggi, spiegando quali siano le ragioni che giustificano le esigenze cautelari nei confronti dell’allevatore. «Dal giorno dell’omicidio in poi – scrive – gli investigatori si sono scontrati con un muro di gomma, una barriera di omertà, di timore, di atavica sfiducia nei confronti delle istituzioni che ha rallentato notevolmente il corso di una indagine che si sarebbe potuta definire in tempi ben più celeri, anche in una manciata di giorni con la collaborazione di coloro, e non sono pochi, che testardamente si sono arroccati su una posizione di reticente chiusura nonostante le evidenze materializzatesi di volta in volta in uno scontrino battuto, in un’affermazione smentita, in una lista di clienti dimenticata». «È un dato di fatto – aggiunge il gip Angelicchio – che le indagini sarebbero anche potute fallire, e un assassino rimanere in libertà, se non fosse stato per le meticolose attività investigative della compagnia di Bitti e per la provvidenziale attività di intercettazione che ha fugato qualsiasi dubbio su chi sia stato a brandire la pistola calibro 9x9 o 9x21 e a sparare a bruciapelo a Luca Goddi, vale a dire Pietro Contena». 

Ma a far convergere i sospetti proprio su Contena, erano stati, loro malgrado, proprio coloro che, captati in alcune conversazioni intercettate anche in caserma prima di essere interrogati, escludevano che l’allevatore fosse al bar quella sera maledetta. «Noi Pietro non l’abbiamo visto per niente ... di lui non gli dobbiamo dire niente» dicevano due testi, parlottando tra loro poco prima di essere sentiti come persone informate sui fatti. Secondo il gip stavano, in sostanza, concordando una versione falsa da pronunciare anche in un eventuale processo.

Ma, sottolinea il giudice, proprio quelle frasi, e la «circostanza che nessuno abbia indicato Pietro Contena tra gli avventori del locale presenti nei momenti in cui si era verificato il fatto è un ulteriore elemento a carico dell’indagato». 

Ma quello, per gli investigatori è stato solo l’inizio. Pietro Contena, infatti, come scrive il gip, «aveva manifestato ripetutamente, in più occasioni la sua viva preoccupazione di essere arrestato per l’omicidio di Luca Goddi», e in qualche conversazione intercettata aveva affermato che non sarebbe stato arrestato «perché ci vogliono le prove ... tanto non ne hanno fatto, di nomi ... però non bisogna fidarsi lo stesso». E in diverse altri dialoghi di compaesani, intercettati nel corso delle indagini dopo il delitto Goddi, Contena, indicato come “Ridotta, il latitante” a causa dell’omicidio di Luca Goddi, il giorno di Su Cossolu, «aveva fatto insorgere una famiglia importante». 

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