Le Grazie, 36mila fedeli in festa per la vera patrona
Il vescovo mura all’omelia: «Coraggio, Nuoro, premia chi ha idee, progetti e speranze da coltivare»
Nuoro Il conteggio delle presenze tra i banchi e le navate, e delle ostie ordinate e distribuite, racconta tutto più di mille parole: tremilaseicento presenze quotidiane, per i nove giorni della novena distribuite nelle sei messe, idem per il decimo e conclusivo. Circa 180mila visualizzazioni attraverso i social network, con i picchi registrati durante la messa live trasmessa anche attraverso la pagina Facebook ufficiale della parrocchia, fedeli arrivati in pulmini o auto pure da diversi paesi del circondario: in particolare da Oliena e Orgosolo. E il culmine di ieri, per la festa e la tappa conclusiva del percorso: almeno un migliaio di persone alla messa centrale, celebrata dal vescovo Antonello Mura con i sacerdoti del Capitolo, e almeno altrettanti che hanno affollato le navate per gli altri riti dell’intera giornata. E nonostante un freddo pungente, la pioggia dalla tarda mattina, e persino il timore dei primi fiocchi di neve. A conti fatti, dunque, quella che si è chiusa ieri sera, è un’annata della novena delle Grazie da 36mila presenze in totale. Un’annata nella quale la Vergine alla quale è intitolato il santuario nel cuore di Nuoro si conferma la vera patrona del capoluogo barbaricino. E a furor di popolo.
Sono passate da poco le 9 quando la giornata di festa comincia in una sala consiliare del municipio diventata un tripudio di abiti tradizionali nuoresi. I rappresentanti dei 19 rioni della città si preparano a ricevere altrettanti ceri – quelli che poi dovranno portare fino alla chiesa per sciogliere un voto antico del 1812 che aveva salvato la città dalla peste – dalle mani del sindaco Emiliano Fenu. «Vengo qui a ricevere i ceri dagli anni ’80 – ricorda Franco Stefano Ruiu – non posso mancare». Poco prima, un altro dei nuoresi in costume, Marco Zoppi, ricorda anche, nome per nome, i quattro rappresentanti dei rioni scompparsi di recente: Silverio Di Meglio, Umberto Prina, Angelo Soma e Nicola Serra.
«Per me è la prima volta da sindaco e vi dico la verità: sono emozionato – dice, in sala consiliare, il sindaco Emiliano Fenu, consegnando i ceri ai rappresentanti dei 19 rioni – grande è la forza che pervade questo momento e il sentimento di partecipazione che rafforza i legami della nostra comunità. Un antico rito che tiene insieme la nostra città da più di due secoli. Questi ceri non sono semplici candele ma un simbolo forte e un segno di comunità. Ognuno – ha aggiunto, affiancato dal presidente della Provincia, Giuseppe Ciccolini – rappresenta un pezzo della città, un quartiere che partecipa e che si riconosce in questa tradizione». Subito dopo, il corteo del Comune parte dal municipio, attraversa via Dante, si affaccia sul corso Garibaldi, e attende, persino in anticipo, che arrivi il Capitolo della Cattedrale con il vescovo Mura. Poi, tutti insieme, restano i pochi metri che separano l’antica via Majore dal sagrato delle Grazie.
All’ingresso, con l’immancabile bastone nodoso e lo zainetto, spunta pure un’altra presenza immancabile della festa: Francesco “Zigheddu” Calledda, camminatore sardo di Aritzo ormai entrato nella leggenda, quanto a imprese tra sudore, camminate e fatica. «Per essere qui alla messa con qualche amico ci siamo messi in viaggio dalle 3 di stanotte – racconta – siamo partiti da Genna ’erru».La messa comincia e dopo le letture affidate a una piccola rappresentanza di esponenti del Comune e della politica – Pierluigi Saiu, Alessandro Murgia, Sebastian Cocco e Mariangela Crabolu – monsignor Antonello Mura prende il microfono e la parola per l’omelia. E citando le letture precedenti e il vangelo, lancia un invito preciso alla città. «Un invito a me e anche a voi – dice – un invito a portare un po’ di gioia in mezzo ai problemi e alle fatiche dei nostri giorni. A creare ambienti in cui ancora ci si sorrida e non ci si guardi con sospetto. Anche questa città, sempre da liberare, sempre da ri-amare, di che cosa ha veramente bisogno? Coraggio, Nuoro, riconosci da cosa oggi tu vada liberata. Parlatene, parliamone. Non facciamo solo da spettatori: incoraggiamo chi ha idee, progetti, speranze da coltivare».
