La Nuova Sardegna

Olbia

ARZACHENA

Video sexy sul web, condannato stalker

Professionista 38enne gallurese processato a Bergamo per le persecuzioni nei confronti di una ragazza che oggi ha 24 anni

06 novembre 2014
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ARZACHENA. Accusato di aver tormentato per anni una ragazza oggi 24enne, pubblicando su web fotomontaggi sexy e molestandola via sms, un professionista di 38 anni di Arzachena è stato condannato per stalking a un anno e due mesi - pena sospesa.

Il processo si è svolto con rito abbreviato davanti al Gup del tribunale di Bergamo Giovanni Petillo. L'uomo dovrà anche pagare una provvisionale di 10mila euro. La vicenda inizia nel 2008 quando il professionista conosce via internet, sul sito di un gruppo di fan del cantante cagliaritano Marco Carta, una ragazza di 18 anni residente nella Valle Seriana. I due chattano e si inviano messaggi per circa tre anni, senza mai incontrarsi. Sms e conversazioni via web affettuosi, ma la situazione degenera quando nel 2011 la giovane dice all'amico virtuale di aver intrapreso una relazione con un coetaneo.

L'amicizia telematica, secondo quanto denunciato dalla vittima dello stalking, che nel corso del tempo si è rivolta alle forze dell'ordine ben cinque volte, si sarebbe trasformata in tormento. Il professionista le avrebbe inviato messaggi di ingiurie sul telefonino, molestandola. Ma non solo. Avrebbe creato profili Facebook con il nome e le foto della ragazza, pubblicando frasi con allusioni alla sfera sessuale, o fotomontaggi e video sexy.

Utilizzando gli stessi profili avrebbe chiesto l'amicizia ai conoscenti della giovane sia per controllarla sia per inviare frasi minacciose al nuovo fidanzato. Nelle sue denunce la vittima segnalò lo stato di ansia in cui era costretta a vivere che le procurava insonnia, calo del rendimento scolastico, dimagrimento e paura. La difesa del 38enne sardo ha sostenuto che i contatti gli erano stati forniti dalla stessa ragazza e che non ci sarebbe stata alcuna certezza che fosse stato lui a scrivere su web e creare i falsi profili. Al contrario, hanno detto gli avvocati, il loro assistito sarebbe stato vittima di un accesso abusivo ai sistemi informatici. Una perizia ordinata dal giudice ha dimostrato che le attività telematiche erano comunque avvenute dal computer del professionista.

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