Protezione civile in città: l’alluvione fa meno paura
Il nuovo Piano approvato dal consiglio comunale è basato sulla prevenzione «In caso di allerta, a rischio 20mila persone: impossibile evacuarle in tempo»
OLBIA. Occhi al cielo, ma nessun timore. La tecnologia e la consapevolezza costruiscono un muro alto davanti ai solchi profondi scavati dall'alluvione del 18 novembre 2013. Olbia non sarà più la stessa, i morti e le devastazioni non si dimenticano, ma nasce anche da questa immane tragedia il nuovo apparato che non dovrà permettere a una bomba d'acqua di lasciare vittime al suolo. La consapevolezza sta nel fatto che 20 mila persone sono a rischio davanti all'allerta rossa, davanti al massimo allarme. Per questo occorre prevenire. Nasce da qui il nuovo Piano di protezione civile del Comune, che si adegua all'attivazione del Centro funzionale decentrato regionale, con la Sardegna che è stata l'ultima regione italiana ad attivarlo. Poi è arrivato il nuovo Piano di assetto idrogeologico varato dallo studio Mancini a cambiare la mappa della città. Il vecchio Pai limitava il rischio idraulico, che prevede le procedure di reazione e la salvaguardia di vite umane, a zone piccole e dunque a un numero di persone relativamente esiguo: in primis l'ex Artiglieria, la zona del Fausto Noce e la parte alta di via Veronese. Il vecchio Pai si riferiva a zone poco antropizzate: escludendo le zone Baratta, Isticcadeddu, Maria Rocca; quelle più colpite dall'alluvione del 2013.
Ventimila a rischio. «Cosa ha evidenziato lo studio Mancini? Che Olbia non ha il tempo tecnico per una evacuazione». Le parole pronunciate in consiglio comunale dall'assessore alla Sicurezza, Ivana Russu, protagonista del nuovo Piano di protezione civile, tracciano una linea. «Il nostro Piano, all'emanazione di un'allerta elevata, agisce sulla prevenzione – aveva spiegato la Russu illustrando il piano in aula – perché, secondo gli studi effettuati, davanti a una pioggia di 40-50 millimetri e allo stato di allerta, per la conformazione di Olbia noi avremmo un tempo stimato di 2 ore per evacuare 20mila persone. Non ci sarebbero dunque i tempi tecnici». Ecco il principio della sussidiarietà. Olbia non sarà sola, ma unica in Italia, davanti a una allerta elevata, procederà obbligatoriamente alla chiusura di scuole, uffici pubblici, il parco Fausto Noce, richiedendo l'intervento della prefettura e della Protezione civile regionale. Un apparato di sicurezza che dovrà muoversi velocemente e in sinergia. Secondo una organizzazione che ha ben funzionato durante l'alluvione dell'ottobre 2015.
Aree di emergenza. Nel Piano sono individuate le aree dove la popolazione potrà ricevere informazioni (Aree di attesa) e aree dove allestire strutture di ricovero per chi sia stato costretto a lasciare la propria abitazione (Aree di accoglienza e di ammassamento). Per le aree di attesa possono essere utilizzati in primo luogo parcheggi (tipo quelli dei due centri commerciali e grandi ipermercati) o piazze e spazi pubblici non soggetti a rischio. Per le aree di accoglienza si scelgono luoghi vicini a risorse idriche, elettriche e fognarie in cui installare i primi insediamenti abitativi per alloggiare la popolazione colpita. Tra queste le scuole, ma anche i campi di calcio e le palestre. Luoghi per una emergenza, che un nuovo strumento di prevenzione punta a rendere ipotesi assolutamente residuale. Per non dover più temere la pioggia.
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