La Nuova Sardegna

Olbia

Il grido di dolore delle donne «Salvate il centro antiviolenza»

di Stefania Puorro
Il grido di dolore delle donne «Salvate il centro antiviolenza»

Parlano alcune sopravvissute alla furia di ex mariti o fidanzati che le pestavano senza tregua «Abbiamo ritrovato la serenità nella casa protetta. Queste realtà vanno difese e sostenute»

29 luglio 2016
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OLBIA. «Quando il mostro ti perseguita, ti umilia, ti violenta, ti massacra di botte e ti distrugge la vita, devi trovare il coraggio di scappare. Io sono fuggita dall’inferno, ho bussato alla porta di Prospettiva Donna e sono stata salvata. Non potranno mai esserci parole sufficienti per dire quanto sia stato immenso l’aiuto che ho ricevuto da tutte le operatrici che hanno fatto di questa missione una ragione di vita. E non posso credere che oggi si parli di chiudere i centri antiviolenza. Sarebbe una tragedia».

A parlare è Carla, una giovane madre con tre figli, che è stata amata, ospitata e aiutata per un anno e mezzo nella casa rifugio di Prospettiva Donna. «E’ doloroso ripensare a ciò che ho passato - racconta -, è straziante ricordare ciò che i miei bambini hanno dovuto vedere. Il mio ex compagno mi massacrava di botte, senza tregua, perché non accettava la nostra separazione. E’ arrivato persino a picchiarmi quando tenevo in braccio i bambini. Sono finita all’ospedale, mi hanno dovuto ricucire tagli e ferite con molti punti, avevo la mascella spaccata e lividi e contusioni su tutto il corpo. Lui è stato arrestato, ma quando è stato rimesso in libertà in attesa del processo, ero terrorizzata. Pensavo che venisse ad ammazzarmi. Allora ho chiesto l’aiuto di Prospettiva Donna: Patrizia Desole e tutte le qualificate professioniste che sono al suo fianco mi hanno spalancato le porte. E’ stato un lavoro duro, per loro, un grandissimo lavoro, con me e con i miei figli. E mentre stavano al nostro fianco per restituirci il sorriso giorno dopo giorno, vedevo quante altre donne e quanti altri bambini stavano aiutando. Mi hanno regalato una nuova vita, mi hanno consentito di trovare una casa e un lavoro. Questi centri vanno salvati, tutelati e soprattutto sostenuti».

Prospettiva Donna (così come gli altri sette centri antiviolenza della Sardegna a rischio chiusura per la mancanza di contributi dal 2014) ha ricevuto centinaia di messaggi di solidarietà in questi giorni. Messaggi di donne sopravvissute a calci e pugni, alle violenze psicologiche, agli stupri e alle aggressioni. Tutte donne che hanno trovato rifugio e aiuti nella casa protetta di Olbia.

«Mi viene la pelle d’oca al solo pensiero che il centro possa chiudere - racconta Fabiana - e sono disposta a incatenarmi, pur di impedirlo. Ha ridato un futuro a me e alle mie bambine. E ci ha soprattutto dato una possibilità di riscatto. Non si può fare a meno di Prospettiva Donna: qui ci sono persone straordinarie, capaci, sensibili. Sempre in prima linea, di notte e di giorno. Io ho subito violenza psicologica e fisica dal mio ex marito, il quale poi ha cominciato ad essere aggressivo anche con le nostre figlie. E’ stato terribile. Ma posso anche dire che nella spirale della violenza potrebbe trovarsi qualsiasi donna. Ed è per questo che i centri non possono essere cancellati».

Anche la voce di Gianna trema di fronte all’ipotesi di una chiusura di “Prospettiva Donna” . Ripensa a sua figlia, all’incubo terrificante che ha dovuto vivere in silenzio.

«Per anni il mio ex compagno ha abusato di lei - racconta -, ma io l’ho scoperto solo quando i carabinieri sono venuti ad arrestarlo. Non mi ero mai accorta di nulla, perché la bambina, terrorizzata dalle minacce, non aveva il coraggio di ribellarsi. E quando l’uomo-mostro che agisce in tua assenza, si trasforma nell’uomo gentile e premuroso quando invece tu ci sei, non riesci a immaginare nulla. Mia figlia adesso sta bene e la sua àncora di salvezza è stata Prospettiva Donna. Gli angeli di questo centro ci sono stati in ogni momento per lei, ci sono anche adesso e ci dovranno essere anche in futuro. Nessuno può portarceli via».

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