La Nuova Sardegna

Olbia

Saverio De Michele, il sindaco che disse no al petrolchimico a Olbia

di Dario Budroni
Saverio De Michele (a destra) con l'Aga Khan
Saverio De Michele (a destra) con l'Aga Khan

Ha compiuto 93 anni uno dei primi cittadini più importanti nella storia olbiese «Nel 1961 il nostro rifiuto agli impianti nel golfo salvò lo sviluppo turistico»

25 novembre 2016
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OLBIA. La vita della città la vede scorrere dalla poltrona del suo salottino. Oppure la percepisce la mattina, quando si infila una giacca e con fare tranquillo si incammina verso il supermercato, incrociando lo sguardo di uomini e donne che lo omaggiano sempre con un certo affetto. Il suo nome è Saverio De Michele,  93 anni, un anziano signore a cui Olbia e la Gallura devono tanto. Linguaggio raffinato, memoria lucidissima, portamento distinto. Lui è stato due volte sindaco: dal 1956 al 1958 e dal 1960 al 1964. Cattolico e di estrazione democristiana, quella di Saverio De Michele è una figura che in tanti ancora oggi ricordano con ammirazione. Fu proprio lui, nel 1961, a dire no a un impianto petrolchimico nel golfo. Aveva capito che il futuro non poteva prescindere da ambiente e turismo. La storia gli diede subito ragione: un anno dopo sbarcò infatti l'Aga Khan.

De Michele sindaco. Saverio De Michele è stato forse il sindaco più importante della città, quello che più ha lasciato il segno. Ma lui non ci sta. «No, il più importante no - commenta -. Tutti siamo importanti e io mi sono limitato a fare il mio dovere. Ho guidato la prima legislatura con una larga maggioranza democristiana, ma poi decisi di dimettermi perché le cose non andavano bene. All'interno del partito c'era una proliferazione di correnti. E così, dopo due anni di commissariamento, tornammo al voto e mi presentai con una lista civica, in alternativa alla Dc. Vincemmo, ma mi ritrovai con una giunta minoritaria. Però beneficiavamo comunque dei voti democristiani».

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No alla chimica. Nel 1961 Olbia si trovò davanti a un bivio. L'Eni aveva l'intenzione di costruire un impianto petrolchimico nel cuore del golfo. «Rimanemmo sconcertati, ma ne discutemmo comunque in consiglio comunale - racconta De Michele -. Una delegazione consiliare, poi, andò nella penisola per fare un sopralluogo in impianti simili». La posta in palio non era di poco conto. «C'era un vantaggio economico, perché era prevista l'assunzione di cento persone - spiega -. Ma c'era anche il problema dell'inquinamento. Con un impianto di questo tipo, tutto il territorio, dalla Maddalena a Budoni, sarebbe stato inquinato. Se avessimo detto sì, avremmo creato grossi danni all'ambiente e chiuso le porte al turismo. Quindi rispondemmo con un bel no».

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Il turismo. La politica ci aveva visto giusto. «Nel 1962 arrivò l'Aga Khan e fondò la Costa Smeralda - commenta De Michele -. E oggi il turismo è la spina dorsale dell'economia gallurese. Invece il petrolchimico approdò a Porto Torres, creando danni che sono sotto gli occhi di tutti». Ma la decisione di dire no alla chimica non fu accolta con favore da tutta la popolazione. «Olbia aveva 20mila abitanti e le persone erano povere davvero - spiega De Michele -. Cento posti di lavoro avrebbero creato un benessere momentaneo, ma avremmo dovuto dire addio al turismo. Ci fu qualcuno che mi accusava di essere contro il petrolchimico perché volevo salvaguardare gli interessi dei mitilicoltori e quindi anche quelli di mio nonno, che fu il fondatore della mitilicoltura. Certo, dovevamo preoccuparci anche dei mitilicoltori e dei pescatori, che non erano cittadini di serie B, ma il nostro era un ragionamento di più ampio respiro».

Zona industriale. Durante il suo mandato, però, dovette ingoiare un boccone piuttosto amaro: la zona industriale sul mare. «È un rospo che dovemmo buttare giù - dice oggi -. Inoltrammo una richiesta alla Cassa per il mezzogiorno per il riconoscimento di Olbia come zona industriale di interesse nazionale. Ma non ci trovammo d'accordo sull'area prescelta, cioè quella attuale, perché lì immaginavamo una zona residenziale. Però la Cassa si impuntò, perché quell'area beneficiava di tante infrastrutture, come per esempio il porto».

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