La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, dai cumuli di rifiuti rivive la storia del faro di isola Bocca

di Dario Budroni
L'isola Bocca
L'isola Bocca

Giornata di pulizia nelle case abbandonate dei fanalisti. Nizzi: vogliamo che il simbolo della città sia in buono stato

07 marzo 2017
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OLBIA. Il passato è rimasto prigioniero di guano e piume. Sembra una enorme voliera, invece è il simbolo della città. Da quando gli ultimi fanalisti hanno abbandonato le stanze del faro di isola Bocca, nei primissimi anni Novanta, tutto è rimasto esattamente come allora, con le camere da letto, le cucine e i bagni ricoperti da una spessa coltre di sporcizia. Domenica però una squadra di volontari ha raggiunto il faro per dare una ripulita alle stanze e raccogliere i rifiuti disseminati tra scogli e cespugli. Superare la porta del faro è stato come fare un viaggio nel tempo. La vita quotidiana dei fanalisti e delle loro famiglie si è materializzata davanti agli occhi dei volontari, arrivati sull’isola Bocca in occasione di una giornata di pulizia organizzata da Comune e Leila diving in collaborazione con Amp di Tavolara e Devizia. Per le prossime settimane sarà organizzata una nuova spedizione. Infine il faro sarà completamente ritinteggiato, naturalmente di bianco.

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A spasso nel tempo. Il faro ha 130 anni tondi tondi. È stato attivato dalla Marina nel 1887 sull’isola Bocca ed è tuttora funzionante. La struttura è grande: c’è una torre di 24 metri che sovrasta un edificio a due piani, con tre appartamenti interni, cioè le abitazioni dei fanalisti e delle loro famiglie. Per decenni, infatti, il faro è stato abitato da chi aveva il compito di curarne la manutenzione. I segni sono ancora presenti. Appeso a una parete, c’è un calendario fermo al dicembre del 1991. In una cucina c’è addirittura un affresco, poi fornelli, lavandini, pentole e piatti lasciati ad asciugare. Dentro un caminetto c’è legna accatastata, mentre nelle stanze da letto vecchi armadi, divani smontati e i resti di quelli che erano letti a castello. Poi i bagni, con i servizi igienici e alcune boccette di sapone conservate su una mensola. Le finestre sono rotte. Per questo, oggi, a fare da padroni sono gabbiani, piccioni e addirittura due barbagianni.

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Sogno nel cassetto. Tra i volontari che hanno raggiunto il faro c’era anche Settimo Nizzi. Il sindaco sogna di poter mettere le mani del Comune sulla vecchia struttura di proprietà di MariFari, costola del ministero della Difesa. «Già nel 2001 avevo chiesto, tramite una lettera, che il faro passasse al Comune – spiega Settimo Nizzi –. Ora, dopo 16 anni, vedremo se presentare una nuova richiesta. Comunque dobbiamo capire quale strategia attuare. Non so cosa possa nascere all’interno del faro, anche perché gli spazi non sono enormi. L’importante, comunque, è fare in modo di valorizzarlo».

Seconda spedizione. Nelle prossime settimane Comune e Leila diving organizzeranno una nuova giornata di pulizia. «Molto è stato fatto domenica, ma la sporcizia è ancora tanta – continua il sindaco –. Quindi sicuramente torneremo sul faro, che sarà poi ritinteggiato. Ci aspetta una primavera particolarmente ricca, tra rally e Giro d’Italia, e noi vogliamo che il simbolo della città appaia in buono stato».

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