La Nuova Sardegna

Olbia

Bianco intenso, storia di una passione sportiva

Bianco intenso, storia di una passione sportiva

L’olbiesità rivive in un documentario inedito di Valerio Spezzaferro dedicato alla squadra di calcio

19 agosto 2018
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OLBIA. Un condensato di emozioni racchiuso in meno di un’ora di proiezione. La storia di Olbia intorno alla passione per la propria squadra di calcio, veicolo del senso di appartenenza. Sorrisi e lacrime. Con le immagini, trovate e rimasterizzate, proiettate per la prima volta al pubblico, dei funerali di Bruno Nespoli, giocatore dell’Olbia morto tragicamente sul campo da calcio di casa il 20 gennaio 1960, per uno scontro di gioco. A lui il 20 giugno dello stesso anno fu intitolato lo stadio di Olbia, che ancora oggi porta il suo nome. Estratti da “Bianco intenso”, il documentario di Valerio Spezzaferro proiettato la settimana scorsa davanti a tanti miti della storia dei bianchi e ai vertici della società che milita nel campionato di calcio di serie C. Proprio le immagini del funerale di Nespoli, seguita da un fiume di folla, è stata quella che ha segnato nella commozione questo piccolo gioiello dell’Olbia di ieri, oggi e domani, rappresentata attraverso il tifo per la propria squadra. Dalla supporter storica “zia” Anna Boccia, al rapper En?gma, da Franco “Pelè” Marongiu ai 100 gol in maglia bianca di Gianfranco Siazzu. Tanti volti e tante storie per un connubio che si rinnova nel segno della passione. Ma anche la strada virtuosa di una realtà sportiva che mira a diventare modello imprenditoriale e di gestione nel difficile mondo del pallone professionistico. Prima di dare il via alla stagione ufficiale, con l’Olbia che per il terzo anno consecutivo disputerà la serie C, la società ha voluto proseguire la strada del dialogo costante con le istituzioni e di condivisione di una storia sportiva che è anche patrimonio della città.

Che cosa è davvero l’olbiesità? E quanto questo sentimento si lega alla passione calcistica della comunità? “Bianco intenso” cerca di dare delle risposte a questi interrogativi, nel racconto di una passione umana e sportiva e nello sguardo su una città che, pur cambiando nel corso dei decenni, è riuscita a preservare la propria autenticità. «Il calcio è uno strumento potente per esprimere le proprie passioni – spiega il regista -. Da non olbiese, ho cercato di cogliere questo modo di vivere le gesta sportive della squadra, un modo diverso per ognuno, ma unito da un sentimento comune di generosità. Il momento più emozionante è stato quando ho sviluppato il film del funerale di Nespoli, mi son reso conto della tragedia e ho voluto ricordarlo con qualcosa che diventasse patrimonio di tutti».(g.d.m.)

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