La Nuova Sardegna

Olbia

Il ciclone in Gallura, Enzo: "Vidi morire mia moglie e mia figlia"

Patrizia e Morgana vittime dell'alluvione assieme ad altre 17 persone
Patrizia e Morgana vittime dell'alluvione assieme ad altre 17 persone

Sei anni dopo l'ex poliziotto accetta di ricordare il momento in cui l'onda di piena gli strappò via la bambina abbracciata alla mamma: "Non voglio che loro e le altre vittime siano dimenticate"

17 novembre 2019
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OLBIA. Sei anni vissuti nel ricordo, con i “ma” e i “se” che ti arrovellano il cervello e il senso di colpa che non ti dà tregua per essere sopravvissuto a quel mare di fango che ti ha strappato via la metà del tuo cuore. «Mi mancano tanto le mie adorate bambine, erano la gioia della mia vita...» Una vita che per Enzo Giagoni, 54 anni, ex poliziotto, da sei anni non è più la stessa. Stravolta e ferita da due lutti. Il 18 novembre 2013 quando il ciclone Cleopatra devastò la città portandosi via nove vite (tredici in Gallura, 19 nell’isola), l’auto sulla quale viaggiava insieme alla moglie Patrizia, 42 anni, e alla figlioletta Morgana di 22 mesi finì in un canale in via Belgio, diventato un tutt’uno con la strada. Un mare di acqua e fango che non lasciò scampo alle sue «bambine».

«Il 18 novembre lo rivivo tutti i giorni...», racconta Enzo. Che accetta di ripercorrere quelle ore d’inferno «perché – dice – non voglio che siano dimenticate le persone che quel giorno persero la vita. Tutte e 19». Il ricordo è nitido. Istantanee che lo accompagneranno per il resto della sua vita. «Diluviava, era già buio, saranno state le 18 – racconta Enzo –. Siamo andati a ritirare Morgana all’asilo. Guidavo una C1 e in macchina con me, Patrizia e Morgana c’era la proprietaria dell’auto. Siamo andati in zona Bandinu, alla Consarcasa, ad accompagnarla e con la sua macchina dovevamo rientrare a casa, in via Veronese. Non si vedeva più niente tanto pioveva, le strade erano allagate. Ho perso l’orientamento, ero convinto di aver preso la strada giusta, invece, ho sbagliato direzione. Mi sono ritrovato in mezzo a un mare. La macchina ha iniziato a ondulare e lì ho capito che era diventata una barca. Dovevamo uscire. Patrizia era seduta a fianco a me con la bambina in braccio. Ho cercato di aprire il suo sportello ma non ci sono riuscito. Allora ho provato col mio, gli ho dato una spallata e si è aperto. Ho afferrato la manina di Morgana che stava aggrappata alla mamma ma in quel momento è arrivata l’ondata di piena e fango che ci ha travolto e me le ha strappate, ha portato via la macchina. Non vedevo più niente, cercavo la macchina ma non c’era più... Sono riuscito a raggiungere di nuovo la Consarcasa, ho bussato a casa dei miei amici ma non mi ha risposto nessuno. Allora sono ritornato là, vicino al canale perché volevo uccidermi. Avevo capito che Patrizia e Morgana erano morte e volevo morire anch’io».

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Il suo salvatore ha nome e cognome: Domenico Spano. «Vieni che le hanno salvate», gli ha urlato. Una bugia che gli ha salvato la vita. Perché appena Enzo si è avvicinato mentre stava in balìa del fango e della tempesta, lui ho ha afferrato per le maniche del maglione e lo ha legate alla ringhiera del suo giardino che si affacciava davanti al canale. Poi lo ha trascinato via e lo ha portato al primo piano della sua casa. «Di quei momenti ho solo dei flash – prosegue Enzo – Ricordo che Domenico ha chiamato un amico che aveva la barca siamo saliti lì e mi hanno accompagnato dai miei amici, alla Consarcasa. Io volevo scappare, volevo ritornare nel cana le per farla finita e per farmi stare fermo lui mi dava dei colpi sui fianchi. E alla fine mi ha legato alla sedia. Poi, è arrivata l’ambulanza. Sono stato ricoverato per 35 giorni in psichiatria, tuttora sono sotto cura».

Ritornare alla quotidianità e ritrovare la voglia di vivere è stato un percorso difficile. Ma dal dolore ha trovato la spinta per aiutare gli altri e un anno dopo il ciclone Cleopatra, insieme ad altri olbiesi, si è infilato gli stivali di gomma ed è andato a spalare il fango in uno sperduto paesino ligure devastato da un’altra alluvione. Per questo suo impegno nel sociale aveva ricevuto il “Premio bontà”. Da un anno vive a Luogosanto e lavora nel settore dei finanziamenti dopo essere stato riformati dalla polizia. Non si è costituito parte civile nel processo penale – ora in appello – che vede imputati ex amministratori e dirigenti, tutti assolti in primo grado. «L’assoluzione non mi ha sorpreso, ero pronto per questo. Così come sono pronto a testimoniare anche in appello se dovessi essere citato. Io porterò avanti la mia battaglia in sede civile e ricorrerò fino alla Corte europea dei diritti dell'uomo se sarà necessario. Se nel canale ci fosse stata la protezione, la macchina si sarebbe fermata. E io oggi non piangerei i miei due angeli». Patrizia e Morgana saranno ricordate domani nel sesto anniversario della loro morte con una messa (ore 17) nella chiesta di Nostra Signora di Luogosanto.

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