La Nuova Sardegna

Olbia

Tragedia di Monte Pinu, pagare per smaltire le auto? Vittime e sindaci indignati

di Tiziana Simula
Tragedia di Monte Pinu, pagare per smaltire le auto? Vittime e sindaci indignati

Sulla richiesta è un coro degli amministratori: «Una beffa inaccettabile» 

24 novembre 2019
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OLBIA. Indignazione. È lo stato d’animo che emerge con forza nei commenti di cittadini e amministratori all’indomani della denuncia dell’unica sopravvissuta al crollo della strada di Monte Pino e dei figli delle tre vittime ingoiate dalla voragine insieme alle macchine sulle quali viaggiavano. Carcasse arrugginite che ora i familiari dovranno rimuovere e smaltire a loro spese «perché inquinano». Così gli hanno detto i finanzieri della sezione navale di Olbia, impegnati in un’indagine di polizia ambientale contro l’abbandono di rifiuti speciali e pericolosi. «Oltre al danno, la beffa», hanno protestato Veronica Gelsomino, sopravvissuta al crollo, e Alessandro Fiore insieme alla moglie Lucia Manconi che quella sera del 18 novembre 2013 persero lui, entrambi i genitori, Bruno Fiore e Sebastiana Brundu, e lei, la madre, Maria Loriga. I tre, a bordo di una Land Rover rientravano a Tempio da Olbia.

«È incomprensibile e inaccettabile chiedere a chi ha subito lutti e danni di rimuovere a proprie spese le macchine sprofondate nel crollo di una strada – dice il sindaco di Olbia, Settimo Nizzi – Anche le norme possono essere aggiustate dal buonsenso dell’uomo. L’intervento doveva essere messo nel conto della ricostruzione della strada».

«È la beffa delle beffe! La più grande vergogna! – commenta sul suo profilo Facebook il sindaco di Luras, Marisa Careddu – Io ho assistito, dopo 5 anni, al recupero delle carcasse delle auto dagli sprofondi e ho visto il dolore dei figli di Maria. Ho visto la figlia cercare la borsa della mamma fra le lamiere... inutilmente, vedendo svanire l’ultimo filo di speranza. Le auto sono cadute dentro la voragine con le vite, a causa del crollo di una strada di cui ancora nessuno ha accertato le responsabilità. A sei anni non c’è verità, né giustizia. Ma il pagamento del recupero si! Ma che giustizia c’è in questo Stato?». Gli fa eco il collega di Telti, Gianfranco Pinducciu. «È un’altra vergogna del nostro Paese. Di buonsenso non c’è traccia in questa storia. Anche l’impresa che stava eseguendo i lavori avrebbe potuto farsi carico di far rimuovere le macchine».

Il sindaco di Sant’Antonio di Gallura Carlo Duilio Viti incassa la notizia come «un ennesimo insuccesso», lui, che insieme ad altri cittadini ha dato vita al Comitato pro Monte Pino (di cui è presidente Giuseppina Pasella) che da tempo si batte per la ricostruzione della strada della vergogna, con i lavori che non riescono a decollare. Una beffa dietro l’altra. «Manifesteremo Cagliari davanti alla Regione», preannuncia. E, intanto, esprime solidarietà ai parenti dei morti per questa ennesima ingiustizia. «Mi vergogno di essere parte delle istituzioni», dice.

«È incredibile con quanta solerzia si chieda ai familiari delle vittime e all’unica sopravvissuta di portare via le auto mentre la strada non è stata ancora ricostruita – aggiunge l’avvocato Fabio Diomedi che assiste Veronica Gelsomino, costituita parte civile nel processo penale ancora in corso – E tutto ciò nel silenzio della Provincia, ente proprietario e custode della strada, e per questo chiamata anche in giudizio, che avrebbe potuto occuparsi dello smaltimento delle carcasse e sollevare almeno da questa incombenza i familiari delle vittime».

«Almeno io sono viva e posso parlare e protestare – incalza Veronica Gelsomino – ma tre persone, in quel crollo, sono morte. E ci vengono a cercare per l’impatto ambientale. Ma hanno idea dell’impatto che hanno subito le nostre vite? Io ho il terrore ogni volta che c’è un temporale. Ho perso il lavoro per via dell’handicap rimasto al braccio sinistro che non può reggere più di tre chili di peso. Faccio lavori saltuari e mi sono pagata di tasca mia spese mediche, sedute di fisioterapia e pure la perizia per il tribunale. Tutto questo senza vedere ancora un euro di risarcimento dopo sei anni. La mia vita è cambiata, eccome. E mi vengono a parlare di impatto ambientale...».

«Tutto questo è frustrante – ribadisce Alessandro Fiore, ortopedico a Tempio – E frustrante è un processo che procede a rilento. In sei anni abbiamo visto di tutto: abbiamo assistito a un anno e mezzo di rinvii per problemi di notifiche, siamo incappati in giudici sospesi perché finiti in guai giudiziari. Poi, ultimamente c’è stata una ventata di conforto con un’accelerata delle udienze e, ora, nuovamente rinvii. Con l’ombra della prescrizione che incombe».

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