La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, la paura del virus minaccia gli affari della comunità cinese

Paolo Ardovino
Olbia, la paura del virus minaccia gli affari della comunità cinese

Molti commercianti hanno visto un calo della clientela. Al “Panedda” gli studenti asiatici non hanno avuto problemi

09 febbraio 2020
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OLBIA. Solo pochi giorni fa ci ha pensato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a lanciare un messaggio forte, a livello nazionale, facendo visita a una scuola romana con diversi alunni cinesi. «Psicosi collettiva» è la parola d’ordine di queste settimane, che va a braccetto con i continui aggiornamenti su vittime e contagiati da Coronavirus. L’epidemia partita dalla città di Wuhan, nella provincia centrale di Hubei, in Cina, ha messo in allarme l’organizzazione mondiale della sanità. L’Italia ha organizzato il rientro dei 56 italiani residenti nella zona interessata, che in queste ore vivono in quarantena.

Un certo livello di panico, immotivato, serpeggia quotidianamente tra le città dove sono presenti grandi comunità cinesi. Così è anche a Olbia, dove sono tante le attività commerciali e di ristorazione gestite da imprenditori orientali. Tra questi Marco Zhang, che si affida a uno degli slogan che stanno facendo il giro del web per sensibilizzare: «Io non sono un virus, sono un essere umano, liberami dal pregiudizio”. Lui vive in Italia da quando era piccolo, da 12 anni lavora a Olbia, attualmente ha un negozio in zona industriale e un ristorante cinese al centro. E ammette: «Ovvio che non c’è motivo di temere a starci vicino, e il virus non può essere trasmesso attraverso oggetti e articoli cinesi». Le parole di Marco racchiudono un po’ l’appello dell'intera comunità cinese cittadina, «nel mio caso il lavoro è calato del 50% e anche per gli altri so che la situazione è simile». Inevitabilmente nel mirino della paura generale sono finiti anche i diversi ristoranti asiatici sparsi tra le vie olbiesi, sempre molto frequentati e in questi giorni, invece, insolitamente semivuoti. Gestiti nella maggior parte dei casi, inoltre, da cinesi cresciuti o residenti in Italia da molti anni e integrati a Olbia.

Su scala nazionale ma anche nell’isola non sono mancati episodi discriminatori nei confronti di persone originarie della Cina. Alcuni di questi proprio negli istituti scolastici. «Io posso dire di avere una bella scuola» replica Gianni Mutzu, dirigente dell’Itct Panedda. «Attualmente nell’istituto ho quattro studentesse e uno studente cinesi. Una di queste è tra le migliori dell’istituto – assicura –, qualche giorno fa li ho riuniti per parlarci, hanno detto di non aver avuto nessun problema. Sono alunni voluti molto bene, rispettati e che anzi danno tanto all’istituto. Una di loro parla ancora male italiano, ma in classe la stanno aiutando a imparare la lingua». E comunque tutti provengono da zone periferiche della Cina, lontane dalla provincia centrale da cui è partito il virus. Precisazioni che suonano comunque superflue, data la totale assenza di pericolo di contaminazioni non solo nella città, ma anche in tutta l'isola, contrapposta però allo stato di allarme collettivo che sta portando a fenomeni di emarginazione su più campi.

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