La Nuova Sardegna

Olbia

Dall’Arkansas alla Gallura il viaggio-odissea di Giada

di Giuseppe Pulina
Dall’Arkansas alla Gallura il viaggio-odissea di Giada

Il rimpatrio precipitoso di una studentessa di 17 anni, negli Usa per studiare  «A Chicago in aeroporto per 14 ore, poi una notte a Fiumicino. È stata dura»

05 aprile 2020
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TEMPIO. È stato un rimpatrio precipitoso, ma, alla fine, almeno lei ce l’ha fatta. Tra i tanti studenti italiani che stanno rientrando dall’estero c’è anche Giada Amadori, diciassettenne tempiese, alunna del liceo “Dettori”, dallo scorso luglio negli Stati Uniti d’America per un’esperienza di studio che, giunta quasi al termine, è stata costretta a interrompere bruscamente. Otto mesi negli States, a Conway, in Arkansas, Giada è rientrata a casa da qualche giorno. «Sono partita da Little Rock, capitale dell’Arkansas, per Chicago; qui siamo rimasti 14 ore in aeroporto aspettando l’aereo per Roma. Le condizioni di rientro non sono state le migliori perché in aeroporto eravamo in molti, tutti vicini, così come in aereo». La piccola odissea di Giada non finisce qui, perché, una volta arrivata a Roma, c’era ancora un pezzo di tragitto da fare, più breve di quello percorso, ma non meno complicato per le sue modalità. «A Roma, noi sardi, a causa dell’esiguità dei voli, abbiamo dovuto trascorrere la notte a Fiumicino e prendere l’ennesimo aereo l’indomani mattina per arrivare a Cagliari di pomeriggio». Ora è a casa e la sensazione è che le cose vadano meglio. Se non altro perché è di nuovo con i suoi, anche se, a sentire il suo racconto, in Arkansas non se la passava affatto male. Gli ultimi giorni sono stati però un po’ turbolenti. «Quando ho saputo di ciò che stava accadendo in Italia ero molto stupita. Si parlava del virus da tempo, ma si pensava che riguardasse solo la Cina. A mano a mano che giungevano più notizie dall’Italia ho iniziato a preoccuparmi seriamente. All’inizio gli americani seguivano l’andamento della situazione attraverso i notiziari, ma la sensazione era che fosse questione di tempo e che il virus presto sarebbe giunto anche negli Stati Uniti». Una lunga attesa che, purtroppo, alla fine si è compiuta, come dimostrano le notizie di questi giorni provenienti da New York e, in generale, dagli Usa. Giada ha ancora negli occhi le immagini da breaking news che documentavano la chiusura delle scuole dopo i primi casi accertati negli Stati di Washington, New York e California, «Si guardava con preoccupazione all'Italia menzionata nei loro notiziari e i compagni, la famiglia ospitante e i docenti mi chiedevano spesso notizie dall’Italia e sulla mia famiglia».

A casa da pochi giorni, chiusa, come tutti, Giada non vede l’ora di ritornare negli States. «Ora continuerò il mio percorso di studi al Dettori, sapendo di contare sul supporto dei miei docenti, della dirigente scolastica e dei miei compagni. Dell’America e della mia scuola mi mancherà tutto: la quotidianità, il bellissimo rapporto che avevo instaurato con i miei amici e la mia famiglia, le lezioni e i miei docenti. Questa magnifica esperienza ha fatto maturare in me il desiderio di poter un giorno continuare i miei studi negli Stati Uniti, che ora considero la mia seconda casa».

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