La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, il dramma del giovane accoltellato in discoteca: «Ho perso il lavoro e ogni notte rivivo quell'incubo»

di Tiziana Simula
Michele Loi (a destra) con l'amico Stefano Vacca, vittime del pestaggio
Michele Loi (a destra) con l'amico Stefano Vacca, vittime del pestaggio

Michele Loi racconta l’aggressione di cui è rimasto vittima insieme a un suo amico

18 aprile 2020
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OLBIA. «Dal quel giorno la mia vita è cambiata: la lama del coltello mi ha bucato la schiena raggiungendo il polmone e a ogni minimo sforzo sento delle fitte fortissime che mi impediscono i movimenti. Ho perso il lavoro. Non posso fare più niente, non ce la faccio. E ogni notte, appena chiudo gli occhi, rivivo quell’incubo. Per me è come se fosse successo ieri. E spero sia fatta giustizia».

Michele Loi, 28 anni, nato a Cagliari ma residente ad Olbia, è il giovane rimasto ferito in un’aggressione avvenuta due estati fa all’esterno della discoteca all’aperto Garden, nella zona industriale di Olbia. Accerchiato da un gruppo di persone, preso a calci e pugni e, poi, pugnalato alla schiena: un fendente che ancora oggi gli provoca fitte fortissime al polmone destro. «Ho perso due litri e mezzo di sangue, sono stato quindici giorni in ospedale, mi hanno operato e messo un drenaggio. La mia vita non è più come prima: non ho mangiato per mesi, continuo a non dormire, sono precipitato in uno stato di forte depressione e per questo sono sotto cura farmacologica».

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Prima di avventarsi contro di lui, lo stesso gruppo aveva picchiato selvaggiamente il suo amico Stefano Vacca, 32 anni, anche lui originario di Cagliari e residente in città. Pestato con calci e pugni che gli avevano provocato contusioni e traumi in tutto il corpo. Per quell’aggressione, saranno processati in quattro, di cui tre della stessa famiglia, con l’accusa di lesioni personali aggravate. La Procura ha disposto nei loro confronti il decreto di citazione diretta a giudizio. Stando al capo d’imputazione, insieme a loro, c’erano almeno altre dieci persone, rimaste però sconosciute. Dovranno comparire davanti al giudice monocratico (l’udienza è fissata a luglio), Fabrizio Ciaddu, 20 anni, ritenuto dagli inquirenti l’accoltellatore, suo padre Paolo, 47 anni, e suo zio Domenico, 52 anni e Nicola Campus di 22 anni. Padre e figlio sono difesi dall’avvocato Giovanna Porcu, mentre Domenico Ciaddu e Nicola Campus sono assistiti d’ufficio dall’avvocato Roberto Onida.

Michele Loi racconta quello che sarebbe successo il 23 giugno 2018, quando lui e il suo amico decisero di trascorrere la nottata al “Garden”. «Era un sabato e io ero rientrato da Austis dove lavoravo come pastore. Avevo voglia di stare in compagnia di amici e insieme a Stefano siamo andati al Garden. C’era una festa dei Ciaddu, ma il locale era aperto a tutti». Durante la serata sarebbe scoppiato un litigio tra Fabrizio Ciaddu e Stefano Vacca, «perché – dice Michele – al mio amico gli si era inavvertitamente rovesciato il bicchiere e lo aveva bagnato. I due hanno litigato, poi, è stata chiamata la sicurezza. Ci hanno detto di andare via. Ma quando Stefano era fuori è stato picchiato da Fabrizio e dai suoi familiari. Io ero ancora dentro il locale. Appena mi sono accorto di quello che stava succedendo, sono uscito per andare verso di lui ma sono stato subito aggredito: Fabrizio mi ha colpito con un pugno e quando stavo per restituirgli il cazzotto sono stato accerchiato da tutto il gruppo. Poi, ho sentito un dolore fortissimo alla schiena e sono caduto a terra. Non so chi mi abbia accoltellato. Stefano ha chiamato l’ambulanza e mi hanno portato in ospedale». Lì è rimasto ricoverato per 15 giorni e solo dopo due giorni è stato dichiarato fuori pericolo.

Le indagini sono state condotte dalla polizia. Secondo la ricostruzione degli investigatori, a ferire il 28enne sarebbe stato il più giovane della famiglia Ciaddu. Pestaggio e accoltellamento sarebbero avvenuti a una sessantina di metri dall’uscita del locale. Il difensore di Michele Loi, l’avvocato Antonello Desini, pur rimarcando la gravità dei danni fisici e psicologici subiti dal suo assistito, non rilascia al momento alcuna dichiarazione sul merito della vicenda, ma anticipa la costituzione di parte civile nell’imminente processo penale.

«Solleciteremo la modifica del capo d’imputazione da lesioni aggravate in tentato omicidio – conclude l’avvocato Giampaolo Murrighile che assiste Stefano Vacca –. Il mio assistito è stato colpito con una furia inaudita, c’è stato un proposito di attentare alla sua vita»
 

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