La Nuova Sardegna

Olbia

Massacrata nello stazzo la difesa: accuse lacunose

di Tiziana Simula
Massacrata nello stazzo la difesa: accuse lacunose

Arzachena, in Corte d’assise il processo per l’omicidio della 34enne Zeneb Badir  Gli avvocati chiedono l’assoluzione dei due imputati, che rischiano l’ergastolo

03 luglio 2020
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ARZACHENA. Le richieste di assoluzione per Jalal Hassissou, 40 anni, e Soufyane El Khedar, 36 anni, marocchini, accusati della morte della loro connazionale, Zeneb Badir, 34 anni, madre di tre figli, massacrata di botte in uno stazzo, a Baia Sardinia, si sono snodate in una lunga e appassionata difesa cominciata al mattino e finita alle quattro del pomeriggio. Prima con l’arringa difensiva dell’avvocato Cristina Cherchi, che assiste Hassissou, poi, con quella dell’avvocato Agostinangelo Marras, che difende l’altro imputato. Omicidio volontario aggravato da futili motivi, il capo d’imputazione per entrambi. E per entrambi il pubblico ministero Gregorio Capasso ha chiesto alla Corte d’Assise la condanna all’ergastolo.

L’avvocato Cristina Cherchi ha contestato la perizia medico legale secondo cui la donna sarebbe morta a causa delle profonde lesioni alla testa provocate dal pestaggio: Zeneb, presa per i capelli, era stata sbattuta violentemente contro il bidè. Ma la difesa ha sottolineato lacune e contraddizioni della perizia, sostenendo che il nesso tra il trauma cranico e la morte non è dimostrato, e che il decesso potrebbe essere stato provocato da concause, come trombi intracardiaci già esistenti. Il difensore ha chiesto l’assoluzione per Jalal Hassissou e in subordine, l’omicidio preteritenzionale con tutte le attenuanti e i benefici di legge non essendo stato dimostrato il dolo.

«Il mio assistito è stato spettatore dell’aggressione, non conosceva Zeneb che era l’amante di Hassissou, e si trovava lì nello stazzo, perché stava consumando cocaina insieme a loro», ha detto ai giudici della Corte d’Assise, presieduta da Massimo Zaniboni, l’avvocato Agostinangelo Marras. Nella sua arringa difensiva ha ribadito che Soufyane El Khedar non ha partecipato al massacro di Zeneb e che, anzi, aveva cercato di bloccare il suo amico mentre la colpiva. L’unica colpa che può avere è di non aver chiamato le forze dell’ordine quando l’aggressione era finita, ha detto. Aggiungendo che lui era andato via quando Zeneb era stata portata a casa di Jalal Hassissou perché certo che lì sarebbe stata soccorsa e curata. Così come ha ribadito il fatto che all’inizio anche lui aveva detto ai medici e ai carabinieri che era caduta, ma dopo due ore, aveva detto la verità. Marras ha chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto e in subordine l’omissione di soccorso. Il processo proseguirà il 16 luglio per le repliche e la sentenza.

Zeneb Badir era morta il 23 luglio 2018, dopo ore di agonia. Era arrivata all’ospedale di Olbia già in coma. Per loro il pm Capasso ha chiesto l’ergastolo, ritenendoli entrambi responsabili della sua morte. L’avvocato Damaso Ragnedda, che assiste le tre figlie della vittima di 9, 12 e 16 anni per conto del comune di Arzachena, si è associato alle conclusioni del pubblico ministero e ha chiesto un risarcimento di circa 900mila euro, 300mila per ogni figlia.

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