Traffico di rifiuti ed evasione fiscale, sequestrate case in Gallura
OLBIA. Ci sono anche case ad Arzachena e San Teodoro tra gli immobili sequestrati nell’inchiesta sulla Sidafer, società indagata dalla Dda di Milano per un vasto traffico di rifiuti e una maxi...
03 luglio 2020
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OLBIA. Ci sono anche case ad Arzachena e San Teodoro tra gli immobili sequestrati nell’inchiesta sulla Sidafer, società indagata dalla Dda di Milano per un vasto traffico di rifiuti e una maxi evasione fiscale con un giro di fatture false per oltre 56 milioni di euro. Ieri il blitz della guardia di finanza di legnano che ha portato all’arresto di 14 persone e al sequestro di diversi immobili, anche in Gallura.
Gli accertamenti sono scattati dopo una verifica fiscale alla Clgroup srl che si occupava di commercio di materiali ferrosi e che è risultata evasore totale dal 2011. Da lì si è arrivati alla Sidafer ed è venuto fuori che su 74mila tonnellate di rifiuti erano stati falsificati «formulari, documenti di trasporto e pesate». E ciò è stato accertato con riprese video dentro il centro di raccolta dei rottami, dove i camion arrivavano fingendo di scaricare materiale ma erano vuoti. I rifiuti che venivano realmente movimentati non erano tracciati in alcuna maniera, veniva occultato il produttore e le compravendite erano rigorosamente in nero. Insomma, nessuna traccia. Per la precisione, secondo l’accusa, “nero” che arrivava con bonifici su conti in Croazia, Ungheria, Slovenia e Bosnia e rientrava in Italia in contanti tramite corrieri che riportavano il denaro in macchina oppure attraverso viaggi in aereo.
Gli accertamenti sono scattati dopo una verifica fiscale alla Clgroup srl che si occupava di commercio di materiali ferrosi e che è risultata evasore totale dal 2011. Da lì si è arrivati alla Sidafer ed è venuto fuori che su 74mila tonnellate di rifiuti erano stati falsificati «formulari, documenti di trasporto e pesate». E ciò è stato accertato con riprese video dentro il centro di raccolta dei rottami, dove i camion arrivavano fingendo di scaricare materiale ma erano vuoti. I rifiuti che venivano realmente movimentati non erano tracciati in alcuna maniera, veniva occultato il produttore e le compravendite erano rigorosamente in nero. Insomma, nessuna traccia. Per la precisione, secondo l’accusa, “nero” che arrivava con bonifici su conti in Croazia, Ungheria, Slovenia e Bosnia e rientrava in Italia in contanti tramite corrieri che riportavano il denaro in macchina oppure attraverso viaggi in aereo.
