La Nuova Sardegna

Olbia

Il cyberbullismo ora fa più paura

di Giuseppe Pulina
Il cyberbullismo ora fa più paura

La preoccupazione dei dirigenti scolastici dopo i primi risultati dell’indagine svolta dall’Eurispes

21 febbraio 2021
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TEMPIO. La scuola sarda s'interroga su quelli che potrebbero essere i risultati dell'indagine dell'Eurispes sulla diffusione del cyberbullismo tra gli studenti delle superiori. Per conoscerli si dovrà attendere almeno sino a maggio, quando la rilevazione, tuttora in corso in 109 scuole dell'isola, sarà terminata e le risposte dei questionari indirizzati a studenti, famiglie e insegnanti verranno esaminate e interpretate in termini statistici dai ricercatori.

Tra le 109 scuole sarde molte appartengono al nord dell'isola, e tra queste una buona parte è gallurese. I numeri, forniti da Gerolamo Balata, direttore della sede regionale di Eurispes, dicono che attualmente hanno compilato il questionario conoscitivo quasi 3.000 studenti,1.117 adulti e circa 800 insegnanti. Segno che le finalità della ricerca non lasciano indifferente il mondo della scuola. Preoccupa il fatto che nei mesi in cui la didattica è stata svolta a distanza gli episodi di cyberbullismo sarebbero addirittura aumentati. Il grido d’allarme dei dirigenti scolastici è, pertanto, più che legittimo. Per Elisa Mantovani, ds del liceo “Gramsci” di Olbia, bisogna chiedersi quali strumenti e margini d’azione abbia la scuola per i suoi interventi. «Questa non può essere l’unica agenzia formativa. Penso alle famiglie poco collaborative. È un aggravante che oggi i ragazzi passino più tempo sui loro smartphone. Non riescono a riscattarsi dalla relazione mediale sui social e questo ne fa delle vittime ancor più negative rispetto al periodo in cui le nuove tecnologie non avevano il peso che hanno attualmente. Per la scuola è oggi più difficile individuare i casi di cyberbullismo. I docenti spesso non ne vengono a conoscenza, e quando ciò è possibile, si contattano le famiglie». Ma qui viene, per così dire, il bello. «Mi è capitato di recente di contattare famiglie del presunto bullo che non vogliono saperne. Che fare allora? Penso che si debba intervenire sull’educazione emotiva, per lavorare sull’empatia che aiuta a riconoscere le emozioni, e che si debba fare altrettanto con l’educazione digitale per aiutare i ragazzi a conoscere i pericoli insiti nella rete». Che ci sia tanto da fare lo pensa anche Gian Luca Corda, ds dell’Amsicora di Olbia e Oschiri. «Fare più rete e disporre di più risorse», questa potrebbe essere la soluzione per Corda, che invita la politica a sostenere con uno sforzo economico adeguato chi, come polizia postale, tribunale e scuola, ha a che fare in modo diretto con il fenomeno. «Anche per questo, quando saranno disponibili, leggeremo con attenzione gli esiti della ricerca». Da combattere, secondo Francesca Spampani, ds del “Pes” di Tempio, sarebbe soprattutto l’analfabetismo emotivo. «Dobbiamo tenere presente che mediamente un quindicenne ha già trascorso più di 10mila ore connesso alla rete. Occorre, allora, parlare con gli studenti, coltivare i loro interessi. Noi, al Pes, ci stiamo provando con un progetto interno ideato dal professore Gavino Fancellu che individua nei percorsi che hanno al centro l’arte un modo per riconoscere le emozioni proprie e altrui».

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