Olbia, lo scultore del memoriale: «Non è stato capito, ma oggi è uno spazio vissuto»
L’artista Nicola Filia parla dell’opera di via Escrivà dedicata alle vittime del ciclone Cleopatra: «Simbolo di rinascita»
Olbia. Per i dieci anni dall’alluvione Cleopatra, che ha portato via con sé le vite di nove olbiesi, sul lungomare Escrivà è nato un monumento. Un memoriale di monoliti che guardano il mare, inaugurato nella cerimonia tenutasi lo scorso 18 novembre 2023. Un po’ a sorpresa, però, il memoriale si è preso tante critiche in città, dove in molti hanno ammesso di aspettarsi un’opera diversa da quell’estetica primitiva. L’opera porta la firma di Nicola Filia, scultore e tra i principali artisti sardi contemporanei. L’artista, originario di Carbonia ma ormai stanziatosi a Olbia – ha anche una galleria a San Pantaleo –, risponde adesso: «Il monumento forse non è stato compreso del tutto». Ma guarda oltre e si dice contento del fatto che «da semplice punto di passaggio, quell’angolo di lungomare Escrivà è diventato uno spazio verde di memoria e che viene vissuto da olbiesi e turisti».
La realizzazione. Nello specifico, il memoriale con nove blocchi in granito è stato realizzato gratuitamente da Filia col coordinamento dell’architetta Sandra Deiana e una serie di attività locali che hanno collaborato, dall’installazione del prato all’illuminazione. Di notte, le luci blu riflettono sull’acqua, nello specchio di fronte alla marina di Tilibbas. «Sapevamo che l’opera avrebbe suscitato molte perplessità e anche pareri negativi – commenta ora Filia –. Infatti molti sono stati i commenti, anche offensivi, nei confronti del lavoro e nei confronti del gruppo di lavoro... non è stato facile concepire il memoriale e soprattutto far arrivare il suo significato a tutta la cittadinanza». Lo scultore decide di parlare dell’opera «collettiva» solo in questo momento, a distanza di diversi mesi, «perché era giusto che all’inaugurazione e subito dopo si rivolgesse ogni pensiero alle vittime».
Il significato. L’ispirazione iniziale era diretta: nove monoliti come le vittime dell’alluvione, «che pensavo di scolpire in chiave contemporanea». Poi però quando ha visitato la cava della famiglia Puliga Pes, che ha donato le pietre, quasi un anno fa, «tutto mi è apparso chiaro nella sua semplicità e mi ha rimandato al Salmo 118 22-23 che recita: “la pietra scartata dal costruttore è diventata pietra d’angolo”». Quegli scarti di granito, abbandonati da quarant’anni, hanno avuto vita nuova. «Come le anime dei nostri cari hanno trovato la pace attraverso queste pietre e questo luogo. Mi piaceva così tanto questo pensiero che alla fine ho deciso di non toccare i monoliti e di posizionarli lasciandoli proprio com’erano».
Angolo verde. Ma soprattutto, oggi il memoriale alle vittime dell’alluvione non è solo un’opera, è un luogo che viene vissuto. Ci passa la pista ciclabile, il prato verde si presta a brevi pause fronte mare a pochi passi dalla lega navale. Sempre più persone si fermano a vivere l’area verde. «Si tratta di una composizione di momenti e di significati. Le opere megalitiche nella nostra terra esistono da quasi 4000 anni, per cui trovo che il granito sia stato molto significativo proprio per questa sua relazione con l’ambiente».