La Nuova Sardegna

Olbia

La sentenza

«Prima ti violento, poi vi uccido»: il giudice lo condanna

di Tiziana Simula
«Prima ti violento, poi vi uccido»: il giudice lo condanna

L’uomo, 49 anni, dovrà scontare quattro anni e 2 mesi di reclusione. Era accusato di aver maltrattato e tentato di abusare della sua ex compagna. Violenze anche contro il figlio

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Olbia «Non ho più nulla da perdere. Prima ti violento, poi vi uccido. E poi mi suicido!». A quell’ennesimo messaggio di minacce ricevute dall’ex compagno, terrorizzata aveva chiesto aiuto al Servizio sociale del proprio paese a cui aveva spiegato di essere vittima da tempo di maltrattamenti e violenze da parte del convivente, che in più di un’occasione aveva cercato di fare del male sia a lei che al loro bambino di due anni, costretto non solo ad assistere ma anche a subire lui stesso la furia del padre. Come quando gli aveva stretto con forza la bocca per farlo smettere di piangere. Lei e suo figlio erano stati messi in sicurezza, trovando rifugio nella struttura protetta di un centro antiviolenza, da cui erano andati via solo dopo l’arresto dell’uomo. Da oltre un anno, si trova in carcere.

L’ennesima e drammatica storia di maltrattamenti avvenuta in un piccolo paese della Gallura, si è conclusa oggi 28 novembre con la condanna del 49enne, irlandese: dovrà scontare 4 anni e due mesi di reclusione. Difeso dall’avvocato Francesco Sasso, l’uomo è stato giudicato con rito abbreviato. Era accusato di maltrattamenti, tentata violenza sessuale e lesioni personali nei confronti della ex compagna di 39 anni. La giovane era costituita parte civile con l’avvocata Angela Corda. La coppia per un periodo aveva vissuto in Irlanda, e lì avevano avuto il loro bambino. Poi, si erano trasferiti in Gallura, nel paese di lei. A lungo, stando alle accuse della Procura di Tempio, ora condivise anche dal tribunale che lo ha condannato, l’aveva costretta a subire vessazioni, minacce e maltrattamenti, spesso in preda agli effetti dell’alcol e delle sostanze stupefacenti. Comportamenti violenti che avvenivano anche in presenza del bambino e che erano proseguite e aumentate quando lei aveva deciso di separarsi dal convivente. Diversi gli episodi denunciati dalla donna e riportati nel capo d’imputazione. Una notte, era giugno del 2022, dopo aver litigato, lei si era svegliata improvvisamente perché lui le aveva messo le mani al collo cercando di strangolarla. In più occasioni l’aveva minacciata di ucciderla puntandole addosso un coltello. Un giorno per sfuggire all’aggressione,  si era chiusa a chiave in una stanza col bambino. A un certo punto, aveva deciso di mettere fine a quella vita d’inferno ed era andata via di casa. Ma lui l’aveva raggiunta nell’attività dove lavorava, l’aveva picchiata e trascinata nel bagno e aveva cercato di violentarla. Lei per difendersi l’aveva colpito in testa con una bottiglia. Le sue urla avevano richiamato il vicino, che l’aveva salvata.

A quel punto, assistita dal suo avvocato, aveva chiesto aiuto ai Servizi sociali e aveva trovato accoglienza in una struttura protetta. Ma lui aveva continuato a minacciarla, inviandole messaggi al cellulare. «Vi uccido e poi mi suicido», scriveva. I carabinieri, che dopo la denuncia della donna lo cercavano, lo avevano trovato il 21 settembre 2023 in un giardino. Si era tagliato le vene. Lo avevano arrestato e da allora è in carcere. Nell’udienza di oggi, il suo difensore ha cercato di smontare l’impianto accusatorio. Ma il gup Alessandro Cossu, accogliendo le richieste del pm e della parte civile, lo ha condannato ritenendolo colpevole di tutte le accuse.

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