La Nuova Sardegna

Olbia

Il santuario

L’eremo di San Trano verso il restauro: «Qui l’anima della nostra fede»

di Dario Budroni
L’eremo di San Trano verso il restauro: «Qui l’anima della nostra fede»

Luogosanto, nell’antica chiesa campestre l’intervento della Diocesi con i fondi Pnrr

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Luogosanto L’impero romano era ormai al capolinea quando Nicola e Trano decisero di ritirarsi quassù. Nel silenzio più assoluto, tra mirto, lentischio e granito, trovarono la dimensione ideale per una nuova vita fatta di preghiere e austerità radicale. E ha ragione don Francesco Tamponi, direttore dell’Ufficio beni culturali della Diocesi, a dire che l ’eremo di San Trano è ancora oggi un luogo dell’anima. Perché sulla piccola altura che domina Luogosanto la devozione popolare fa parte del paesaggio. L’eremo, costruito in pieno medioevo, è poi un piccolo capolavoro della cultura gallurese: è una chiesetta, ma in realtà ricorda più uno stazzo che ingloba anche la piccola grotta dove, secondo la tradizione, i santi anacoreti decisero di ritirarsi tra il quarto e il quinto secolo dopo Cristo. Un eremo, quello di Luogosanto, che sarà adesso restaurato. La Diocesi di Tempio Ampurias ha infatti inserito l’intervento tra i 23 che sono stati presentati nel bando del Pnrr per quanto riguarda le chiese campestri. I lavori, cominciati proprio in questi giorni, proseguiranno fino alla fine dell’anno. Domani, primo giugno, nel frattempo la comunità di Luogosanto, città mariana, si riunirà ancora una volta per celebrare insieme la festa in onore di Trano e Nicola.

Il restauro. Solo per l’antico eremo di San Trano in cassa ci sono 150mila euro. A progettare l’intervento di restauro voluto dalla Diocesi sono stati gli architetti di A1 Engineering di Olbia, mentre i lavori sono stati affidati alla ditta Pier Franco Fanti. «Stiamo restaurando 23 chiese campestri – spiega don Tamponi –. E questo, per noi, è il luogo più identificativo. C’è la necessità di mettere mano all’ anima della nostra fede. Ovvero alla materia delle canne, delle tegole, del granito, di quella che è stata l’opera dell’uomo in una natura straordinaria e in un posto eccezionale». Don Tamponi, poi, non nasconde le difficoltà incontrate nel superare il traguardo Pnrr. «Purtroppo la burocrazia è terribile – commenta il direttore dell’Ufficio beni culturali –. Dall’Europa allo Stato fino ad arrivare alla Regione, la burocrazia sta uccidendo qualsiasi fantasia. Sta diventando sempre più ossessiva. Siamo arrivati a delle involuzioni sempre più assurde». Il restauro dell’eremo è stato naturalmente accolto con soddisfazione da parte del Comune, che in passato aveva già realizzato alcuni lavori negli spazi attorno al santuario. «Siamo felici di questo intervento di restauro – commenta il sindaco Agostino Pirredda –. Per noi luogosantesi l’eremo ha un alto significato di devozione, di spiritualità, di attenzione e di affezione».

Chi erano. L’eremo di San Trano custodisce una storia che merita di essere raccontata. Ci pensa così don Tamponi a ricordare il significato di un santuario che, tra le altre cose, rappresenta anche una delle primissime esperienze in Sardegna da parte dei francescani. «Siamo nel centro geografico della Gallura – spiega don Francesco Tamponi –. E i santi Nicola e Trano vissero qui, in pienezza, nel silenzio e nella contemplazione, il Vangelo di Gesù. Il posto fu scoperto nei primi decenni del Duecento da due frati francescani che, a Gerusalemme, ebbero una visione della madre di Gesù. Guidati dalla Madonna, i due frati vennero nei boschi della Gallura, recuperarono i corpi dei due eremiti e, da allora, iniziò la lunga storia della fede gallurese. Fede che viene espressa da questo luogo e che ancora oggi continua». Dopo la scoperta dei resti mortali dei due santi, i galluresi di una volta, circa ottocento anni fa, realizzarono dunque una piccola chiesa proprio dove, secondo la tradizione, Nicola e Trano vissero come eremiti per sentirsi in qualche modo più vicini a Dio. Con i fondi arrivati dal Pnrr, e grazie al progetto presentato dalla Diocesi, l’eremo di San Trano potrà così continuare ad accogliere i fedeli in spazi restaurati e quindi anche più sicuri.

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