La Nuova Sardegna

Olbia

La storia

Caffè e sigarette nel salotto buono: dopo 50 anni chiude il Bar Dessena

di Giuseppe Pulina

	La famiglia Dessena e l'ingresso dello storico bar
La famiglia Dessena e l'ingresso dello storico bar

Tempio, negli anni Settanta era l’unico aperto la domenica in tutta l’alta Gallura

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Tempio «È stata una bellissima avventura, 50 anni a tutta birra, grande fatica e grandi soddisfazioni», così i fratelli Dessena – Massimo, Dante e Ricardo – definiscono la storia del bar che portava il loro cognome e che ha cessato l’attività da qualche settimana. Ad averlo aperto nei primi anni Settanta sono stati i genitori. Da allora, di pari passo con l’aumento del numero degli avventori, l’esercizio è cresciuto, diventando un punto di riferimento non solo per i tempiesi, ma anche per chi, passando per largo De Gasperi di fronte al Petit Hotel, faceva sosta al bar, dal signor Salvatore, per un caffè, per acquistare le sigarette o giocare la schedina. A rilevare l’attività sono stati gli eredi della proprietaria del locale che nel 1972 lo aveva ceduto alla famiglia Dessena. «Chi ha comprato – conferma Massimo – è la nipote della signora dalla quale nel 1972 avevamo rilevato noi».

Quella dei Dessena a Tempio è la storia di tante altre famiglie sarde che hanno voluto fare dell’isola la terra delle loro aspirazioni realizzate. «Dal lavoro abbiamo avuto tanto, tutto. Quando nel 1972 i miei genitori arrivarono a Tempio con la valigia di cartone piena di buffi si immolarono al lavoro ( “fizzu mè, mezzus a tribagliare chi si torrana cussos tempos” ). Lavoro che col tempo ci ha dato la possibilità di studiare, sognare, viaggiare, crescere con consapevolezza e ci ha reso uomini liberi ( “fizzu mè, no ti lamentese, su chi contada e chi no asa de dare nudda a niunu” )». Originari di Tula, emigrati nel nord Italia per sbarcare il lunario, Salvatore Dessena (cameriere in un ristorante sul Ticino) e Maria Campesi (per tutti “signora Maria”) alla fine, hanno dovuto cedere al mal di Sardegna e, da Vigevano, nel Pavese, fare ritorno a casa. «Arrivati con la valigia di cartone siamo stati accolti molto bene. C'è stata data fiducia e questa ci ha permesso di lavorare con tanta soddisfazione. Negli anni Settanta eravamo l'unico bar tabacchi aperto la domenica in tutta l'alta Gallura. La passeggiata alla Fonte Nuova ci dava grande respiro economico. Insomma, un acquisto fortunato, ma lavorato mattina e sera, giorno e notte. Mamma diceva che bisogna piegare la schiena quando ce n'è, che potrebbero tornare i tempi brutti».

Era l’Italia del boom economico, dei sogni in grande stile e delle precoci e cocenti disillusioni. Un bar come quello della famiglia Dessena era più di un semplice esercizio economico o di transito occasionale per tante tipologie di clienti. Era uno spazio che caratterizzava la città e anche un punto di ritrovo. Chi poi aveva la fortuna di godere della fiducia del signor Salvatore, coadiuvato per tanti anni dietro il banco dal figlio Ricardo, poteva trovare in lui un saggio d’altri tempi, forse di poche, ma, certo, di buone parole. «Mio padre è stato una scuola di vita», ricorda il figlio Massimo. Che lo sia stato anche per tanti clienti, e non solo per i tre figli che si sono fatti strada nella vita, è cosa di cui si può essere certi.

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