La Nuova Sardegna

Olbia

Le indagini

Omicidio di Cinzia Pinna, l’ipotesi: Ragnedda voleva un rapporto sessuale, lei ha detto no

di Tiziana Simula
Omicidio di Cinzia Pinna, l’ipotesi: Ragnedda voleva un rapporto sessuale, lei ha detto no

Una delle piste più accreditate dagli inquirenti è che tra la 33enne e l’imprenditore di Arzachena sia scoppiata una lite dopo il rifiuto della ragazza. Oggi 26 settembre la convalida del fermo

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Palau Disordine ovunque, tracce di sangue per terra e sul divano che Emanuele Ragnedda ha cercato di cancellare maldestramente. E sul tavolo del soggiorno, numerose bottiglie di vino vuote, il caricatore di una pistola. E polvere bianca che le analisi diranno con certezza se si tratta di cocaina. I carabinieri del Ris di Cagliari sono ritornati ieri mattina, 25 settembre, nello stazzo di Conca Entosa per una nuova giornata di rilievi nella scena del crimine. In quella casa che è stata teatro di un agghiacciante omicidio, con una donna uccisa a colpi di pistola in una notte trascorsa tra alcol e droga, e poi nascosta tra cespugli e terra in un angolo dell’immensa distesa di vigneti della sua tenuta. Da mercoledì sera, è rinchiuso nel carcere di Nuchis dopo aver confessato di avere ucciso Cinzia Pinna e di aver nascosto il cadavere nel suo terreno. Dopo ore di interrogatorio è crollato. Ma agli inquirenti ha dato anche la sua versione.

Più colpi di pistola

«Ho sparato per difendermi», ha detto. L’imprenditore reo confesso ha parlato di un violento litigio con la 33enne di Castelsardo. Avrebbe sparato contro di lei più colpi di pistola «per paura – così ha riferito agli inquirenti – di essere aggredito quando lei si è avvicinata con un coltello in mano». Ma è chiaro che questa è la sua versione. L’attività investigativa da parte dei carabinieri è in pieno svolgimento e l’attenzione è rivolta proprio a ricostruire che cosa è accaduto in quella casa e la ragione che ha spinto l’imprenditore di Arzachena a impugnare la pistola e a premere il grilletto. Ma non solo.

A caccia di riscontri

Occorre trovare riscontri anche alla sua confessione. Emanuele Ragnedda ha davvero agito da solo? Qualcuno lo ha aiutato a nascondere il corpo nella sua tenuta? O a cancellare le tracce di sangue di cui la casa era invasa, come è emerso grazie alla strumentazione dei Ris durante i rilievi nello stazzo? O comunque lo ha aiutato a fare qualcosa che lui ha chiesto per evitare di essere scoperto, nei giorni successivi al delitto? Gli ultimi drammatici istanti di vita di Cinzia Pinna sono ancora tutti da ricostruire. Di quella maledetta notte si conosce solo l’inizio, quando la giovane è salita a bordo della macchina di quello che sarebbe poi diventato il suo killer, e la sua tragica fine.

Violenza scatenata dal no a un approccio sessuale?

Gli accertamenti in corso permetteranno di fare chiarezza sul movente del delitto: è stato un violento litigio finito in tragedia? E se fosse così, che cosa lo ha scatenato? E perché Emanuele Ragnedda maneggiava una pistola? Le indagini, coordinate dal procuratore Gregorio Capasso e dalla sostituta Noemi Mancini, puntano ora a ricostruire ogni dettaglio della notte dell'omicidio e a fare luce sul movente. Una delle ipotesi più accreditate è che la lite sia scoppiata dopo un rifiuto della ragazza a un approccio di natura sessuale da parte dell'uomo, ma al momento non ci sono conferme. Risposte arriveranno dai rilievi eseguiti nello stazzo dai carabinieri del Ris che hanno repertato e sequestrato materiale utile alle indagini. Tra cui, appunto, il caricatore di una pistola. Altre risposte arriveranno dall’autopsia che chiarirà a che ora di quella notte di follia la 33enne è stata uccisa e quanti sono stati i colpi esplosi contro di lei.

L’autopsia

La salma si trova ora all’istituto di medicina legale di Sassari dove sarà eseguito l’esame autoptico, che non è stato ancora fissato. Così come non è stata ancora fissata l’udienza di convalida del fermo di Emanuele Ragnedda. Ieri il suo difensore Luca Montella ha avuto un lungo colloquio con lui in carcere. Il legale non rilascia nessun commento. I familiari della giovane vittima hanno nominato gli avvocati Antonella e Nino Cuccureddu.

Le accuse

Ragnedda è accusato di omicidio volontario aggravato dall’uso di un’arma da sparo e occultamento di cadavere. Quello della 33enne di Castelsardo, scomparsa la notte tra l’11 e il 12 settembre e ritrovata morta nel suo vigneto. È stato portato in carcere in stato di fermo dopo un lungo interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Palau dopo aver confessato il delitto.

Per giorni l’imprenditore era riuscito a tenere nascosto l’omicidio di Cinzia Pinna, continuando a fare la vita di sempre, andando in giro per i locali e incontrando gli amici, come se nulla fosse, mentre nel terreno della sua casa aveva seppellito il corpo della vittima. Ha cercato di cancellare le tracce di sangue dalla sua casa, come se per eliminarle bastasse passare uno straccio per lavare il pavimento. «L’ho uccisa io», ha confessato agli inquirenti due giorni fa. In precedenza, aveva detto ai carabinieri che lui e la ragazza erano andati a casa sua, e che l’indomani, quando si era svegliato, l’aveva trovata morta. E che un’altra persona – tuttora indagata – l’aveva gettata in mare. Bugie che non l’hanno salvato.

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