Marina popolare di Olbia verso il capolinea, il Pd alla giunta: «Trovate una soluzione»
I 140 soci costretti a mettere le loro piccole imbarcazioni all’asciutto in campagna o in qualche cantiere nautico della città
Olbia La vista dei pontili deserti genera rabbia e indignazione. È quasi la morte della Marina della Sacra Famiglia, con i 140 soci costretti a mettere le loro piccole imbarcazioni all’asciutto in campagna o in qualche cantiere nautico della città. A intervenire, per chiedere di salvare la marina popolare nata dieci anni fa a Mogadiscio, adesso è Gianluca Corda, consigliere comunale del Pd. «Si sta compiendo un gravissimo errore. Si potevano, e si dovevano, trovare soluzioni alternative», dice Corda. La marina si è trovata costretta a fare le valigie dopo che il Tar ha respinto il ricorso presentato dagli stessi soci contro Autorità portuale e Comune. Tutto ruota attorno al Progetto Iti: l’amministrazione sta infatti riqualificando il tratto dal ponte di ferro a Poltu Cuadu e, ritenendo i pontili incompatibili con i lavori e il futuro parco, aveva chiesto all’Authority di non rinnovare più la concessione demaniale alla marina.
Ingiustizia Secondo Corda, insomma, si sarebbe potuta trovare un’altra soluzione con l’obiettivo di rendere «compatibile il porticciolo con la nuova fase di riqualificazione dell’area: una sintesi equilibrata tra diportistica popolare e riqualificazione urbana». L’esponente del Pd ricorda anche il ruolo giocato dalla Marina negli ultimi dieci anni: «Ha rappresentato un modo concreto per presidiare, valorizzare e animare un angolo del quartiere a lungo trascurato. Un gesto che va riconosciuto come parte della cultura marinara e della partecipazione dei cittadini. I concessionari, con investimenti personali, trasformarono lo specchio d’acqua in un luogo vivo, accessibile, con piccole imbarcazioni di cittadini che hanno sempre amato il mare».
Del futuro si sa poco o niente. L’unica certezza è che da Mogadiscio, oltre alle barche, adesso dovranno sparire anche i quattro pontili. «Non è stato sufficientemente chiarito – continua Corda – dove e come si intende offrire un’alternativa concreta ai piccoli diportisti, quei soci che oggi rischiano di rimanere senza ormeggio. Assistiamo di nuovo a una situazione nella quale le grandi progettualità urbane, importanti e utili, sembrano avanzare a scapito di piccoli cittadini che contribuiscono con impegno e passione alla vita del quartiere. La marineria popolare e la nautica sociale rischiano di essere cancellati nel nome di altre scelte, senza che vengano garantiti ascolto e coinvolgimento».
Soluzioni Gianluca Corda si rivolge così all’amministrazione comunale e mette in fila quattro richieste: riaprire un tavolo di confronto con la Marina, i residenti del quartiere e gli stakeholder del progetto Iti; individuare una collocazione alternativa per le imbarcazioni della nautica sociale del porticciolo; verificare la possibilità di integrare la Marina all’interno del parco costiero previsto dall’Iti; mantenere viva la vocazione del quartiere «affinché la rigenerazione non diventi sinonimo di allontanamento o cancellazione». Infine Corda aggiunge: «I grandi progetti sono essenziali e meritano il sostegno della città. Ma la loro riuscita non può prescindere dal rispetto delle comunità, delle storie locali e dei cittadini che già vivono quei luoghi. In nome della nostra storia e del nostro futuro, non possiamo permettere che il mare degli olbiesi venga riservato solo a pochi privilegiati mentre la comunità di nautica sociale venga relegata altrove. Il mare è di tutti». (d.b.)
