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Museo navale tra silenzio e degrado: dopo sette anni è ancora chiuso

Museo navale tra silenzio e degrado: dopo sette anni è ancora chiuso

La Maddalena, nessuna notizia sulla riapertura. Non si sa nemmeno dove siano le anfore e i reperti archeologici rinvenuti nelle acque dell’arcipelago

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La Maddalena Silenzio assoluto sul museo archeologico navale “Nino Lamboglia”, chiuso ormai da anni e sempre più avvolto nel degrado. I lavori di impermeabilizzazione dell’edificio di Mongiardino, lungo la panoramica per Spalmatore, si erano “conclusi” il 5 aprile 2018. Da allora, tutto è rimasto fermo. Oggi, a distanza di oltre sette anni, il tempo ha fatto il resto: si notano i primi cedimenti dei lavori, vetri rotti, una catena con lucchetto che blocca la porta d’ingresso. Segni inequivocabili di un abbandono che sembra ormai cronico. La domanda che preoccupa di più è un’altra: che fine hanno fatto le anfore e i reperti archeologici rinvenuti nelle acque dell’arcipelago, che erano custoditi all’interno del museo? Ad oggi non si hanno notizie certe sulla loro collocazione né sul loro stato di conservazione. Nel 2021 l’Ente Parco nazionale dell’arcipelago e il Comune di La Maddalena avevano annunciato una collaborazione per partecipare al programma “Parchi per il clima” del Ministero della Transizione ecologica, con un progetto da 880 mila euro per l’efficientamento energetico e la riqualificazione dell’edificio. L’obiettivo dichiarato era di riaprire il museo nel 2022. «Il nuovo museo navale Lamboglia potrà finalmente avere tutta l’attenzione che merita, visti i numerosi e rari reperti custoditi al suo interno, e diventare un fiore all’occhiello del sistema museale dell’arcipelago», si leggeva nel comunicato ufficiale. Tre anni dopo, però, nulla si è mosso. Nessun cantiere, nessuna comunicazione ufficiale, nessun segnale di ripartenza. Solo un sito web con la scritta “temporaneamente chiuso”, che ormai suona come una beffa.

Il museo, intitolato all’archeologo Nino Lamboglia, pioniere dell’archeologia marittima italiana, nacque per raccontare la storia del relitto romano del II secolo a.C. ritrovato nelle acque di La Maddalena. La nave trasportava anfore vinarie e ceramiche campane, reperti che hanno fornito informazioni preziose sul commercio navale dell’epoca. Quel patrimonio, unico nel suo genere, rappresentava un ponte tra il mare e la storia, tra il territorio e la ricerca scientifica. «Oggi il museo è diventato invece il simbolo di una promessa mancata - sottolineano alcuni cittadini -: un luogo chiuso, dimenticato dalle istituzioni, ma ancora vivo nella memoria di chi crede che la cultura non possa essere lasciata a marcire dietro un lucchetto».

Ogni estate turisti e residenti si ritrovano davanti allo stesso scenario: porte sbarrate, erbacce, finestre danneggiate. «Ci speravamo tanto . Ogni anno torniamo alla Maddalena anche per entrare nel museo, invece niente. Solo abbandono e decadenza. Che vergogna». Un sentimento diffuso, che accompagna l’amarezza per un patrimonio pubblico lasciato all’incuria.

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