La Nuova Sardegna

Olbia

La sentenza

Tentata estorsione con metodo mafioso: due condanne

Tentata estorsione con metodo mafioso: due condanne

Dovranno scontare 4 anni e 6 mesi: la vittima operava in Gallura

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Loiri Porto San Paolo Quattro anni e 6 mesi di reclusione è la condanna inflitta oggi 5 novembre dai giudici del collegio, presieduto da Caterina Interlandi, al nuorese Francesco Carta e al campano Giulio Melfi. Pesante l’accusa della Direzione distrettuale antimafia di Cagliari,  che aveva coordinato le indagini: tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Secondo le contestazioni, i due avrebbero cercato di estorcere ingenti somme di denaro a un impresario edile campano, Salvatore Coronella, circa 200mila euro, e per convincerlo, avrebbero usato minacce e metodi mafiosi. Al termine della sua requisitoria, il pubblico ministero Gilberto Ganassi aveva chiesto una condanna a cinque anni.  I fatti al centro del processo risalgono al 2008 e si sono verificati a Loiri Porto San Paolo. Presunta vittima della tentata estorsione, l’impresario campano che operava in Gallura.

L’uomo aveva denunciato ai carabinieri di aver subito pesanti minacce. Che erano state rievocate in aula dal pm durante la lunga requisitoria: erano stati esplosi dei colpi di arma da fuoco contro i mezzi di lavoro che si trovavano nel cantiere. Poco dopo, aveva ricordato Ganassi, Coronella aveva ricevuto una telefonata anonima: “Ti è piaciuto il regalo”, gli aveva detto la persona all’altro capo del telefono. Infine, un’altra telefonata anonima lo avvisava di “un regalo in cantiere per lui”: Coronella aveva trovato delle cartucce caricate a pallettoni. L’inchiesta della Dda, basata anche su intercettazioni telefoniche, aveva  condotto ai due imputati. Carta e Melfi hanno sempre respinto le accuse. I loro difensori, gli avvocati Gianni Falchi (per Carta) e Vittorio Caterino (per Melfi), nelle loro arringhe difensive hanno strenuamente sostenuto che «l’aggravante mafiosa non esiste», e che «non c’è nessuna prova di collegamenti con la criminalità organizzata», chiedendo, quindi, l’assoluzione dei loro assistiti. Ma il collegio ha condiviso le argomentazioni dell’accusa. (t.s.) 

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