La Nuova Sardegna

Olbia

L’emergenza

Olbia, l’inferno degli animali maltrattati: «Crudeltà e abbandoni senza fine»

di Stefania Puorro
Olbia, l’inferno degli animali maltrattati: «Crudeltà e abbandoni senza fine»

L’appello della Lida: «Più informazione e sterilizzazioni obbligatorie»

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Olbia Cucciolate abbandonate in sacchi di plastica nel mezzo della campagna. Una gattina trovata con una zampetta amputata. Una cagnetta recuperata con le zampe tagliate, vittima di una violenza difficile anche solo da immaginare. Tre cani di razza portati al rifugio dopo essere stati sfruttati per anni per produrre cuccioli. Un cane lasciato legato a un albero con una catena talmente corta da impedirgli perfino di sdraiarsi. E poi c’è il caso di un cagnetto di cui una famiglia si è liberata gettandolo sulla strada. È una sequenza di episodi che, giorno dopo giorno, sta diventando la normalità. Una normalità fatta di crudeltà, abbandoni, incuria, in cui gli animali vengono trattati come scarti. «Non c’è tregua», dicono dal rifugio. E questo elenco, già pesante, rappresenta soltanto la superficie di un fenomeno che nell’ultimo periodo si è intensificato.

Secondo la Lida di Olbia, che gestisce da 26 anni il rifugio dei “Fratelli Minori”, il quadro è chiaro. «Gli arrivi aumentano – ribadisce la responsabile Cosetta Prontu –, le condizioni degli animali peggiorano e molte delle storie che si ascoltano ogni giorno raccontano un livello di indifferenza e violenza crescente. In molti casi si tratta di cuccioli nati da cani non sterilizzati e lasciati proliferare senza controllo; in altri, di animali sottratti a situazioni di degrado psicologico e materiale; in altri ancora, di casi di vera e propria crudeltà intenzionale». È in questo contesto che arriva l’ennesimo e forte appello, rivolto soprattutto alla Regione: «Abbiamo bisogno di molta più informazione, in ogni comune, in ogni scuola, in ogni ambulatorio veterinario, in ogni strada. Le persone devono sapere quali sono le conseguenze di chi fa del male a un animale. Servono campagne capillari, volantini, materiali divulgativi, iniziative che ricordino a tutti che esistono leggi precise e sanzioni severe».

Ma non basta. C’è la seconda emergenza, che alimenta tutte le altre: «La mancanza di sterilizzazioni. Senza un piano regionale serio, strutturato, con obblighi chiari per chi possiede animali non sterilizzati, continueremo a ritrovarci sommersi da cucciolate indesiderate e da randagi che finiscono nelle mani sbagliate. Prevenire è l’unico modo per ridurre davvero gli abbandoni». Cosetta Prontu e la sua squadra portano come esempio le tre cagnette di razza arrivate al rifugio: «Erano state tenute solo per produrre cuccioli. E ora sono qui da noi. Questa è la realtà». E poi ci sono le storie che raccontano non solo la sofferenza, ma anche la possibilità di rinascere. «Come quella di Tommy. Un cane che arriva da un percorso segnato da trasferimenti continui da una struttura all’altra, senza ricevere mai le cure necessarie. La stessa sofferenza l’aveva vissuta suo fratello, che adesso è in una famiglia che lo ama. Quando lo avevamo salvato era irriconoscibile: senza un pelo, le unghie lunghissime, in uno stato di debilitazione che toglieva il fiato. Ma appena Tommy si riprenderà, andrà nella stessa famiglia. Il vero dramma è che ogni animale che entra al rifugio porta con sé un frammento di una realtà più ampia: una società che spesso scarica sugli animali fragili le proprie frustrazioni, la mancanza di valori, il proprio malessere. Gli animali sono le prime vittime di un disagio diffuso. E ce ne rendiamo conto quotidianamente».

Cosetta Prontu lo ripete con amarezza: «Siamo impotenti di fronte a tanta crudeltà. Ma questi animali, pur essendo deboli, ti danno una forza incredibile. Se non ci fossimo noi, crollerebbero. E questa è l’unica cosa che ci spinge ad andare avanti». Il messaggio finale è chiaro: «Servono informazione, prevenzione, educazione e un impegno istituzionale concreto. Senza questi elementi, la lista di cuccioli abbandonati, animali feriti e cani sfruttati continuerà ad allungarsi, giorno dopo giorno, fino a diventare impossibile da contenere».

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