Sentenza Ciro Grillo, i difensori: «Spariti argomenti dibattuti nel processo»
I legali di Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia alle motivazioni del Tribunale: «Ricorreremo in appello»
Tempio I difensori di Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria, ricorreranno in appello. Lette le motivazioni della sentenza, arrivano i primi commenti. Dice l’avvocato Mariano Mameli che difende Capitta col collega Ernesto Monteverde: «Argomenti difensivi, consulenze tecniche dettagliate, interrogatori resi dai quattro imputati appena un mese dopo il fatto e con i telefoni già sottoposti a sequestro, non sembrano aver ingenerato alcun dubbio nel tribunale di Tempio su come siano andati i fatti. Gli argomenti difensivi possono pure essere confutati, ma di certo non possono essere ignorati perché ignorandoli il giudicante incorre in una concreta lesione del diritto di difesa, impedisce cioè all’imputato di capire come chi lo giudica, sia pervenuto a quel convincimento. E dalla sentenza che tutti i difensori stiamo leggendo sono letteralmente spariti argomenti più volte dibattuti nel processo».
Il difensore fa degli esempi. «Che fine ha fatto – dice – la trasferta al bar della presunta vittima e del suo presunto carnefice dopo il primo rapporto sessuale che si sarebbe consumato? Che spiegazione dare al fatto che dopo la doppia violenza perpetrata da uno dei ragazzi, la vittima lo segua con altri amici come nulla fosse a comprare le sigarette per poi tornare assieme nella casa che i giudici dipingono come la tana del branco? Come può questo comportamento essere considerato coerente con la volontà dichiarata di volersi appartare, allontanare dagli altri, starsene in disparte ed anzi invocare l’amica di andar via da quella casa chiamando un taxi? Sono molteplici i passaggi difensivi ignorati nella sentenza, non soppesati anche solo per ritenerli non convincenti! – dice Mameli – Il primo problema di questa sentenza? Dove sono le decine di argomenti che in tre anni di dibattimento sono stati raccolti?».
A commentare le motivazioni è anche l’avvocata Antonella Cuccureddu, difensore insieme all’avvocato Gennaro Velle di Francesco Corsiglia. «La sentenza prende atto che la ragazza non ricorda i fatti, ma anziché confrontare il racconto con i dati obiettivi e con le dichiarazioni degli altri presenti, fa un atto di fede e crede ai pochi frammenti del ricordo che sono smentiti da tutti gli altri presenti – dice – La parte civile nel tentativo di risolvere le incongruità delle dichiarazioni ha scritto oltre 600 pagine e il pubblico ministero diverse centinaia. Il Tribunale, quelle criticità le elude totalmente e in qualche decina di pagine perviene alla condanna dei quattro ragazzi e per farlo deve addirittura smentire alcune parti delle dichiarazioni della denunciante. Una sentenza che appelleremo evidenziando i molteplici dati obiettivi che disattendono quel giudizio».
