La Nuova Sardegna

Chi ha distrutto quel ginepro ci ha impoverito

Antonio Canu
Il ginepro spezzato dai vandali a Carloforte
Il ginepro spezzato dai vandali a Carloforte

I vigliacchi che hanno agito a Carloforte vanno individuati e puniti ma occorre potenziare la sensibilizzazione di noi cittadini verso natura, paesaggio, arte e storia

28 febbraio 2020
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Qualche giorno fa, uno o più imbecilli hanno di fatto distrutto un esemplare plurisecolare di ginepro nella spiaggia di Lucaise a Carloforte. Una presenza storica quella del ginepro, che già era lì, e sicuramente in buona compagnia, prima che i tabarchini raggiungessero l'isola di San Pietro, nel 1738. Non un albero qualsiasi, in quanto relitto degli ambienti originari delle nostre coste, e quindi monumento naturale. Non un albero qualsiasi, dal momento che proprio la sua presenza arricchiva quel luogo. Chi ha agito, vigliaccamente tra l'altro, ha di fatto tolto tutto questo: storia, paesaggio, familiarità, a tutti gli altri, a tutti noi. Tanto che, a dire il vero, non si può derubricare l'atto come un gesto da imbecille o da imbecilli, piuttosto da delinquente o da delinquenti. Non è il primo caso e non sarà nemmeno l'ultimo. Di reati contro il paesaggio naturale - e anche culturale - le cronache sono piene. E queste ultime, sono soltanto una parte, quella più evidente, quella che fa notizia. Come dimenticare alcuni episodi come la tartaruga di pietra di Cala Girgolu, dapprima decapitata, poi restaurata e di nuovo vandalizzata; o le rocce di Cala Liberotto imbrattate di vernice rossa; o le sabbie rubate o perfino dipinte, come è capitato a Is Aruttas. Tanto per limitarsi alla Sardegna, visto che, va detto, il fenomeno è diffuso anche nel resto del Paese.

Quali i motivi che spingono certi individui a compiere simili gesti? Saranno forse in continuità con una storia di fatti e misfatti che hanno deturpato, impoverito, ferito il nostro territorio? Scriveva Antonio Cederna, uno dei più grandi giornalisti e intellettuali italiani: «La distruzione della Natura in Italia, è insomma, a nostro parere, un fatto di immaturità culturale prima ancora che di cecità politica, le cui origini andrebbero attentamente studiate in sede storica, filosofica, sociologica: cosa che invece nessuno fa». Più o meno, quanto asseriva anche un grande scrittore, Giorgio Bassani, impegnatosi poi proprio in difesa del paesaggio italiano: «se per esempio, gli arenili italiani sono stati devastati (...) siamo responsabili tutti noi cittadini, non solo i politici, perché siamo noi che non abbiamo amore per il nostro Paese». Giudizio tra l'altro molto diffuso all'estero. Qualche decennio fa - siamo negli anni 70 del Novecento -, il settimanale Times titolò senza scrupoli: «Visitate l'Italia prima che gli italiani la distruggano». Titolo impietoso e in quel caso anche ingiusto. Si riferiva infatti all'episodio del folle che prese a martellate la Pietà di Michelangelo nella Basilica di San Pietro. L'autore infatti non era italiano, ma un geologo australiano. Però, amaramente, raffigurava una certa verità.Nonostante i passi in avanti nell'educazione civica e ambientale - perché ci sono stati - resistono ancora comportamenti che sono figli della nostra storia. Prendiamo i rifiuti, abbandonati per strada, lanciati dai finestrini, nascosti nei cespugli. O quell'insano desiderio di sottrarre sempre qualcosa ai luoghi che si visitano, siano essi fiori, frammenti di roccia, manciate di sabbia, conchiglie e quant'altro. O scarabocchiare su rocce, incidere su tronchi d'alberi, scorrazzare con le auto e i fuoristrada nei prati o sulle dune. Certamente c'è bisogno di maggiore vigilanza sul territorio, ma non si può certo militarizzare un paese.

Occorre allora potenziare e diversificare la sensibilizzazione di noi cittadini, tutti, verso il bene comune, che è natura, paesaggio, arte, storia. Avere insomma consapevolezza che un gesto contro il patrimonio è un gesto contro gli altri e contro noi stessi. L'imbecille o gli imbecilli che hanno agito a Carloforte, si sono privati loro stessi della bellezza di un ginepro. Questo però non toglie che se si individuano i colpevoli, questi non debbano subire una pena. Anzi. Troppo spesso si è stati leggeri in caso di reati contro l'ambiente e questo ha favorito una certa attitudine a compiere gesti come quello del ginepro. È tempo di porre rimedio.

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