La Nuova Sardegna

IL COMMENTO - Più coraggio e meno vaghezza

Luca Rojch
IL COMMENTO - Più coraggio e meno vaghezza

27 aprile 2020
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Ondeggia tra un paternalismo anni 50 e una sfuggevole vaghezza da prestigiatore di parole. Il discorso del premier Giuseppe Conte si mostra etereo, fragile, di retroguardia. Ci si aspettava qualcosa di più preciso, e forse coraggioso, dopo 50 giorni di segregazione di una nazione dentro le case. Dopo che l’intera Italia è finita inscatolata dentro quattro mura a guardare, avida, la libertà dai balconi.  

Mentre il pil crolla, le imprese si sgretolano, i posti di lavoro evaporano, il premier in 20 minuti di monologo manda in scena il rinvio della riapertura. Dal 4 maggio ci si potrà spostare nella stessa regione, ma solo per andare a trovare i parenti. Difficile credere poi che dopo due mesi che si ritrovano i familiari dentro le mura di casa ci si accontenterà di una sterile e distante conversazione a base di lattice e mascherine. Anche se lo raccomanda il premier.

Difficile sostenere la linea Conte, anche perché le Regioni dimostrano di essere almeno un mese più avanti del premier. Veneto, Lombardia, ma anche la Sardegna, hanno già pianificato una riapertura più accelerata rispetto al progetto del governo. Forse perché i governatori si rendono conto che il tessuto economico delle loro regioni è andato in pezzi. E in fila alla Caritas non si riesce più a dire: “Andrà tutto bene”. Il 4 maggio sembra essere la data di posticipazione del lockdown. Regioni sigillate. Ristoranti e bar chiusi fino al primo giugno. E con loro migliaia di attività professionali.

Ma è difficile che l’Italia possa reggere a una così prolungata chiusura. E per l’economia della Sardegna questi provvedimenti somigliano a una sorta di pietra tombale sulla stagione turistica. Impossibile credere che hotel, aeroporti, ristoranti, locali restino chiusi e nessun turista da altre regioni possa sbarcare sull’isola. Di fatto si cancella il turismo. Si azzera la stagione 2020. Non credo che i sardi si affretteranno, senza un euro in tasca, a prenotare le stanze degli hotel in cui si faranno portare la cena, perché in giro si può andare solo a correre o per portare a spasso il cane.

C’è anche un altro punto debole del discorso del premier. Difficile pensare che la riapertura possa essere identica in tutta Italia. La Lombardia e il Piemonte, in cui la pandemia ancora impera, non possono avere la stessa tempistica per la riapertura di regioni come la Sardegna, in cui il coronavirus sembra essere già in fase di scomparsa, con i contagi sotto controllo da settimane e i focolai circoscritti e annullati. Perché in Sardegna la distruzione del tessuto economico rischia di fare molte più vittime della pandemia.

La riapertura, con il rispetto delle regole e con tutte le precauzioni necessarie, è per l’isola la priorità. Dagli aeroporti alle attività economiche, alla fabbrica del turismo, alle tantissime microimprese che da due mesi non vedono un euro di incasso, tutti chiedono di ripartire. E senza un reale piano i 600 euro del governo somigliano a una mancia beffarda. Un po’ d’acqua in un deserto economico sociale.

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