La Nuova Sardegna

Ora è riapertura, il turismo ci riprova

Luca Rojch
Ora è riapertura, il turismo ci riprova

05 giugno 2020
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Certificati, tracciati, testati, etichettati come polli da supermarket. I turisti dovranno dimostrare di amare molto la Sardegna questa estate, perché la corsa a ostacoli per arrivare nella regione che li aspetta “a braccia” aperte somiglia a una comoda passeggiata su cocci aguzzi di bottiglia. Il caos di queste ore ha confermato come il sistema dei trasporti dell’isola sia fragile e come da Roma, ma a volte anche da Cagliari, si faccia fatica a capire che aerei e navi sono le terminazioni nervose che consentono all’isola di essere collegata al mondo reale. Il passo indietro della ministra dei Trasporti Paola De Micheli e di quello alla Salute Roberto Speranza è stato saggio. E forse ha solo certificato, almeno per i mari, quello che già accadeva.

Perché nella stagione più arida di turisti la ministra con una interpretazione tutta sua della continuità marittima aveva deciso che a navigare fino al 13 doveva essere solo la Tirrenia. Pare su stessa richiesta della Regione, come testimonia una lettera dell’assessorato dei Trasporti. Sono bastate 24 ore di corto circuito istituzionale per creare uno stato acuto di confusione nel povero turista, che ancora non ha ben capito cosa deve fare per conquistare il suo lembo di spiaggia nell’isola. Perché le regole si delineano ancora in queste ore in cui in teoria dovrebbe già essere in atto la fase 3. Ma la politica sembra non riuscire a tenere il passo della realtà. E mentre era in vigore un decreto che dava solo alla Tirrenia la possibilità di navigare le altre compagnie continuavano a viaggiare in una sorta di anarchia dei mari su cui i decreti del governo non avevano effetto. C’è una differenza tra il mondo virtuale fatto di ordinanze e decreti e quello reale. Il ministro diceva che a viaggiare doveva essere solo la Tirrenia, ma in 24 ore hanno attraccato nei porti sardi le navi di Gnv, Grimaldi e Sardinia Ferries, tutte con più o meno 300 turisti a bordo.

C’è poi un altro aspetto che diventa ancora più centrale. L’ordinanza impone che i passeggeri vengano controllati allo sbarco e testati, ma non dice chi lo deve fare. Perché serve personale specializzato. Chi deve arrivare in Sardegna continua a non avere un’idea precisa di come farlo e di cosa fare. Il coronavirus ha avuto un effetto deflagrante su tutte le debolezze del sistema delle vacanze sardo. L’incertezza dei trasporti aerei, il caro tariffe dei traghetti, l’assenza di un’immagine turistica consolidata e di una strategia di promozione unica. Per chi vuole venire in vacanza continua a filtrare un messaggio dalle scelte di governo e regione: la Sardegna è un’isola complicata e difficile da raggiungere. E non basta dire: «Siamo una terra meravigliosa», o «Vi aspettiamo a braccia aperte». Perché di aperto non c’è tanto. E le procedure sono ancora macchinose e in parte misteriose. Si deve usare una app, che ancora non c’è. Ci si deve registrare sul sito della Regione, e chi vuole può fare un test rapido. In omaggio avrà un voucher che contiene il migliore stereotipo della Sardegna da turista tutto mirto-nuraghe-porceddu-ajò. Una cosa lontana anni luce dal severissimo tampone preventivo prima di arrivare nell’isola, difeso dal governatore fino all’ultimo minuto. L’effetto del covid sull’economia dell’isola è già reale. Il 15 per cento degli alberghi non aprirà, il 90 per cento degli stagionali che lavorano tra hotel e ristoranti non è stato assunto. Il crollo sul pil è stimato intorno ai 2 miliardi di euro. Ma ora la Sardegna deve andare a velocità doppia perché la cartolina del paradiso senza coronavirus non si trasformi in un inferno di una terra rimasta senza più turismo.[FIRMATWITTER]@LucaRojch

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